Vescovo e detenuti attraversano Belluno
BELLUNO. Per la prima volta il carcere è uscito dai suoi confini per incontrare la comunità bellunese, in una passeggiata di speranza e di fraternità.
Un evento “straordinario” che si è svolto ieri pomeriggio per volontà della diocesi di Belluno-Feltre, dei vertici della casa circondariale e delle associazioni e degli enti che collaborano con il carcere.
Una quindicina di persone (non c’erano forze dell’ordine ad accompagnare il gruppo) capitanate dal vescovo Renato Marangoni e dalla direttrice del carcere Tiziana Paolini, insieme con il comandante della polizia penitenziaria Domenico Panatta, con i padri Lanfranco, Olindo (quest’ultimo uno degli artefici di questo evento), con alcuni frati minori del convento di San Bernardino di Verona e soprattutto con i due detenuti Davide e Renata, ha attraversato i quartieri di Baldenich e Borgo Pra, poco dopo le 14 per poi sbucare in via Roma e da qui arrivare davanti al teatro comunale. Qui, ad attenderli, c’erano alcuni dei volontari di Caritas, della San Vincenzo e del gruppo francescano che collaborano con la casa circondariale. Una passeggiata tra amici, questa la sensazione per chi guardava da fuori questo allegro gruppo dove i volti erano sorridenti, distesi, tranquilli.
Una passeggiata che ha concluso una mattinata passata dai religiosi all’interno delle pareti del carcere per incontrare i detenuti e portare la speranza di poter cambiare le loro vite. Detenuti di tutte le nazionalità e culture. «Quando ho dato la benedizione, c’erano anche dei musulmani ma io ho detto che o il dio è il dio di tutti o non è neanche dio e tutti hanno applaudito», commenta il vescovo che poi aggiunge: «È stata una giornata che non si riesce a descrivere, la portiamo nel cuore e auspichiamo di avere altri momenti per stare insieme in un percorso che ci apre al futuro. Sono stati momenti vissuti tra amici», ha continuato, «è stata un’esperienza rigenerante. Anche il carcere può essere visto come un luogo rigenerante perché può indicare il futuro di cui riappropriarsi, accettando gli altri e aiutandoci a vicenda». Sereni e felici anche i due detenuti Davide e Renata, già abituati ad uscire da quelle celle, potendo usufruire da qualche tempo di permessi premio. Un’esperienza importante anche per loro che hanno potuto pregustare la gioia della libertà. Ad accompagnarli c’erano altri ragazzi usciti dal carcere e ora inseriti in comunità. «Questa uscita è una novità assoluta», dice la direttrice Paolini, «per la quale ci siamo preparati da qualche tempo». E con loro anche gli stessi detenuti che hanno rimesso a nuovo le loro celle per accogliere gli ospiti a cui hanno offerto il pranzo. Cibi tipici, visto che all’interno della casa circondariale convivono persone di diversi Paesi. «Mi sono sentito a casa», ha commentato padre Davide dei frati minori di Verona. «I detenuti hanno ripulito le loro celle, e io mi sono sentito come in una famiglia che ti fa festa. Hanno potuto aprire i loro cuori, facendo uscire pensieri profondi ma anche la rabbia, come è normale. Ho pranzato con tre albanesi e un serbo: mi hanno offerto i loro piatti tipici. E anche per loro è stato bello sperimentare la possibilità di incontrare qualcuno e mangiare in cella con le porte aperte. È stata una bella esperienza».
Dopo aver incontrato i volontari delle varie associazioni, il gruppo è giunto in cattedrale dove il vescovo ha ricordato come Gesù dopo la risurrezione abbia condiviso il pane e i pesci con i suoi discepoli increduli.
«Oggi in carcere abbiamo ricevuto ben più del pane e dei pesci, abbiamo ottenuto un percorso da fare insieme, da condividere per guardare avanti, dando il meglio di sè». E dopo la preghiera e la benedizione tutti sono stati accolti per un rinfresco in Vescovado.
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