Viaggio da incubo nel tir diretto in Germania: «Sentivo le loro urla»

La testimonianza dell’automobilista che a Cortina fece bloccare un camion partito dal porto di Venezia con tre minorenni afghani chiusi nella cella frigo

CORTINA. «Mi trovavo dietro a quel camion quando improvvisamente ho sentito delle urla provenire dal cassone e un rumore come se qualcuno battesse da dentro per richiamare l’attenzione. Non solo: si vedeva anche la lamiera del cassone che si muoveva».

A chiedere aiuto erano tre minorenni afghani che erano partiti il 31 luglio 2014 dal porto greco di Patrasso, erano arrivati al porto di Venezia il giorno successivo e il 2 agosto si trovavano a Cortina.

Un viaggio da incubo, che i tre ragazzini avevano fatto chiusi dentro a una cella frigo carica di angurie, al freddo e senza la minima possibilità di muoversi.

La loro salvezza è stata legata all’udito e alla vista dell’automobilista a cui non erano passati inosservati rumori e movimenti provenienti da quel camion che lo precedeva.

L’uomo non aveva perso tempo: resosi conto che c’era qualcosa di molto strano che stava succedendo, aveva immediatamente chiamato il 113.

La polizia aveva quindi rintracciato e fermato il mezzo pesante all’altezza della stazione degli autobus di Cortina.

Ieri l’uomo ha testimoniato in tribunale, davanti al giudice monocratico Enrico Ciampaglia.

Una testimonianza toccante, la sua, nel corso della quale, rispondendo alle domande di accusa e difesa, l’automobilista ha raccontato cosa aveva visto quel giorno.

A processo, con l’accusa di aver violato il testo unico sull’immigrazione, e in particolare l’articolo 12 sulle disposizioni contro l’immigrazioni clandestina, è finito il camionista tedesco Micheal Ester, 53 anni, alle dipendenze di un’azienda di trasporti internazionali.

Secondo l’accusa, il camionista con il suo comportamento avrebbe contribuito all’ingresso illegale nel territorio italiano dei tre minorenni afghani, che chiaramente non avevano alcun documento in regola.

Un reato, questo, aggravato, come si legge nel capo d’imputazione, «per aver commesso il fatto con esposizione dei giovani a pericolo per la loro vita e incolumità e utilizzando servizi di trasporto internazionale».

I tre giovanissimi, infatti, avevano viaggiato per la bellezza di tre lunghissimi giorni stando sempre nascosti nella cella frigorifero del camion, dovendosi fare spazio tra il carico di venti tonnellate di angurie che era diretto in Germania.

Erano rimasti immobili restando al freddo - nella cella frigo c’era una temperatura costante di 15 gradi - ed erano stati costretti a fare i loro bisogni in un sacchetto.



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