Video Slot, tutti i dati del gioco d'azzardo in Italia

L'inchiesta dei quotidiani locali del Gruppo Espresso in collaborazione con Dataninja: una fotografia di un Paese con oltre 90mila esercizi autorizzati a installare macchinette nei propri locali. Con mappe interattive e grafici il quadro della situazione a partire dai dati dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato. Sardegna, Molise e Abruzzo sono le regioni con una concentrazione più alta. La Lombardia è invece la regione dove ciascun abitante spende di più per il gioco

ROMA. Le regine delle slot machines sono la Sardegna e il Molise, almeno per quanto riguarda la diffusione delle “macchinette”: in queste due regioni infatti ci sono 22 locali autorizzati a installare gli apparecchi ogni 10 mila abitanti. Al terzo posto segue l'Abruzzo, con 19,2 autorizzazioni ogni 10 mila residenti, mentre agli ultimi posti si trovano la Sicilia e il  Trentino Alto Adige, con solo 10 licenze per 10 mila persone. Il livello più basso in assoluto lo raggiunge la provincia autonoma di Bolzano, dove gli esercizi in cui si può giocare sono meno di cinque ogni diecimila abitanti.

È il ritratto di un Paese che gioca d'azzardo, dove oltre 90mila locali hanno chiesto e ottenuto l'autorizzazione ad avere le slot. I numeri arrivano dal sito dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato, che mette a disposizione gli elenchi degli esercizi con il via libera a installare una o più macchinette. Tutti i dati sono stati "scaricati" dai quotidiani locali del Gruppo Espresso in collaborazione con Dataninja per raccontare con i numeri la diffusione delle macchinette nelle regioni italiane, fino ad arrivare ai dettagli dei singoli comuni.

Gli italiani giocano (un po') meno

Se poi si va a spulciare il Libro blu dell’agenzia, che offre ogni anno un panorama sull’economia del gioco in Italia, si scopre che nel 2014 gli italiani hanno giocato un po’ meno degli anni precedenti, riducendo le scommesse di circa 200 milioni (84,5 miliardi di euro contro gli 84,7 del 2013). Gli incassi per lo Stato sono diminuiti di una quota analoga, passando da 8,2 a 8 miliardi di euro.

Anche l’anno scorso, poi, come in quelli precedenti, sono state le slot machines a fare la parte del leone, con un giro d’affari di quasi 47 miliardi (il 55,6% del totale del settore), e un incasso per l’erario di 4,2 miliardi (il 53,2 per cento del totale). Non è un caso, dal momento che quelle ufficialmente installate, scrive l’Agenzia, sono 428.125: più o meno la metà di tutte quelle presenti negli Stati Uniti. Senza contare quelle illegali.

 

Le regioni in cui sono installati più dispositivi, tuttavia, non sono anche quelle in cui si gioca di più. Secondo i dati è infatti in Lombardia che la media della spesa per le slot è più alta, 1007 euro a testa ogni anno. Seguono l’Emilia Romagna con 970 euro per ciascuno e l’Abruzzo con 917. Agli ultimi posti, invece, ci sono Basilicata (498 euro pro capite), Calabria (478) e Sicilia, dove ogni residente “investe” in slot solo 355 euro l’anno. 

 

 

La Lombardia è anche la regione dove la raccolta totale di puntate è più alta in assoluto: sui quasi 47 miliardi di euro giocati nel 2014, ben 10, circa un quinto, sono stati scommessi in territorio lombardo. La seconda regione, il Lazio, è più che doppiato: qui infatti si giocano ogni anno poco meno di 5 miliardi.

 

I guadagni dello Stato...

 

Ma lo Stato quanto tassa le slot machines? Innanzitutto, bisogna distinguere tra due categorie di macchinette: le newslot e le videolottery. Le prime sono quelle che si trovano generalmente nei bar, e vengono tassate al 13% annuo. Le seconde invece, che accettano anche le banconote, possono essere collocate solo nei locali con licenza di “mini-casinò”, e subiscono una tassazione del 5 per cento. Questa differenza si spiega con il fatto che le newslot sono tarate per far perdere ai clienti in media non più del 25% delle giocate, mentre nel caso delle videolotteries questa quota è del 12,5%.

 

Nel 2014 le tredici società concessionarie autorizzate dallo Stato hanno incassato in tutto, secondo l’Agenzia dei monopoli, 9,8 miliardi di euro da questi dispositivi. Di essi, come abbiamo visto, l’erario ne ha incamerati circa 4,2. Per quest’anno è previsto un incasso di dimensioni analoghe, e secondo le stime del governo anche nel 2016 le cifre saranno simili. Un dato che però non è scontato, dal momento che proprio il governo ha deciso di inasprire il carico fiscale su questo tipo di giochi.

 

Nella legge di stabilità per il 2016, infatti, è previsto un aumento dell’aliquota al 15 per cento per le newslot e al 5,5% per le videolottery. Nel provvedimento che è in discussione alla Camera inoltre è previsto che non vengano rinnovate duemila licenze per luoghi adibiti a ricevere scommesse, in scadenza nel 2016: attualmente, tra bar e corner dedicati in Italia sono circa 17 mila. 

 

...e quelli degli esercenti

 

Sovente, per i gestori di un locale i guadagni che derivano dalle slot costituiscono un introito supplementare cui è difficile rinunciare: "Un bar in cui ci sono 4 slot - dice Gianluca Pizzocchero, responsabile del settore ccommercio fisso di Confesercenti a Pavia - guadagna circa 25 mila euro all'anno, mentre uno che ha tre macchine ne porta a casa 40 mila".

 

Cifre che molte volte permettono di far quadrare i conti o pagare un dipendente in più, anche a costo di subire più furti "o di favorire la ludopatia e attirare un brutto genere di clientela" continua Pizzocchero.  

 

Non mancano i casi di esercenti che non hanno mai voluto installare slot machines, come lo stesso Pizzocchero, o che ci hanno rinunciato. Spesso però, nonostante i provvedimenti contro le macchinette approvati da sempre più comuni e le leggi restrittive votate da molte regioni, proprio i gestori dei locali sono restii a privarsi dell'apporto economico portato dalle macchine per il gioco. In un comune friulano, ad esempio, nessun esercente ha partecipato a un bando che dell'amministrazione che prevedeva un indennizzo per chi avrebbe tolto le macchinette.

 

Le regioni contro le macchinette

 

Le duemila licenze in meno previste dalla legge di bilancio sono quindi un primo passo verso un approccio diverso al gioco d’azzardo, dopo gli anni dello “stato biscazziere” che avevano portato nel 2009 all’incasso record per le finanze pubbliche di quasi 9 miliardi.

 

Ma erano stati gli enti locali a muoversi per primi contro l'azzardo e i problemi da esso provocati. In molti comuni italiani sono in vigore ordinanze che limitano gli orari delle sale scommesse. E ben 14 regioni hanno finora legiferato su questo tema, spesso con consenso unanime.

 

I provvedimenti più duri li hanno presi Lombardia, Valle d’Aosta, Friuli, Toscana, Umbria e Basilicata, le cui norme agiscono su tre fronti: prevenzione nelle scuole e nei luoghi di aggregazione; obbligo di tenere le sale slot ad una distanza minima dalle scuole dai luoghi considerati sensibili; riduzione dell’Irap per gli esercenti che rinunciano alle macchinette. 

 

La legge lombarda votata a ottobre 2013, inoltre, ha previsto anche la separazione dell’azzardo dalle altre funzioni di un locale: se un pubblico esercizio dispone di più di tre slot, deve collocarle in uno spazio diverso. Infine, il rinnovo delle licenze, anche per le sale già attive, è subordinato al rispetto delle nuove disposizioni: ciò porterà probabilmente a un progressivo allontanamento delle sale dai centri urbani verso zone periferiche. 

 

“Quelle regionali sono leggi importanti, frutto dell’ascolto degli enti locali che si trovano in prima linea” dice lo psicologo Simone Feder, Giudice onorario del Tribunale dei minori di Milano e tra i fondatori del movimento “No slot”: “le regioni hanno cominciato a rendersi conto dei gravissimi problemi sociali causati dalle patologie legate al gioco”.

 

Il problema della ludopatia

In base ai dati forniti al sito Vita.it dal Ministero della Salute, infatti, a giugno di quest’anno i pazienti presi in carico dal Servizio sanitario nazionale per problemi legati al gioco d’azzardo erano 12.376. Ma secondo alcune stime sarebbero 800 mila gli italiani a rischio di patologia. E per fonti dello stesso Ministero i giocatori “problematici” oscillerebbero tra lo 0,5% e il 2,2% della popolazione (dalle 300 mila a un milione e 200 mila persone).

 

“La ludopatia è una vera e propria dipendenza, come l’alcol o le droghe – prosegue Feder – solo che viene percepita in modo diverso rispetto alle altre. Se uno beve troppo, il barista può cacciarlo o chiamare la polizia, ma se gioca troppo? Se rimane dieci o dodici ore davanti a un videopoker oppure perde 12 mila euro in una sera?”.

 

“Non tutti – continua lo psicologo – riescono a farsi avanti da soli per affrontare il problema. Spesso sono le persone più vicine, i coniugi o i figli, a rivolgersi alle strutture di aiuto. Nel primo caso che mi sono trovato ad affrontare quando ho iniziato nel 2004 era stato Fabio, un ragazzo di 15 anni, a venire a chiederci di aiutare il padre”.

 

“Il 98 per cento di chi soffre di disturbi legati all’azzardo – dice Feder – almeno una volta ha pensato al suicidio, e il 23% ha ricorrenti pensieri suicidiari”. Ma questa patologia ha conseguenze a cascata anche sulle persone vicine. Sono fisiche, come nei casi di mariti che picchiano le mogli – o viceversa – a causa del gioco. Ma anche di altro tipo: “specialmente i più piccoli – dice ancora Feder – possono accusare anche a distanza di anni problemi come piccoli attacchi di panico o problemi a scuola”.

Le ricadute sociali

   

Dal vizio del gioco non è facile uscire, spesso anche chi è già in terapia continua a scommettere, come nel caso di una donna di Bolzano raccolta dall’associazione “La sentinella”: “Ti accorgi che sei malato – ha detto la donna ai volontari -  quando continui a giocare e nel resto del tempo hai un solo pensiero: andare a giocare. C’è chi spende 1.000-1.200 euro a settimana. Lo Stato marcia su queste cose, anche se poi deve pagare per curarci”.

 

La dipendenza dal gioco – racconta ancora lo psicologo – colpisce indifferentemente in tutte le classi sociali e di reddito, dagli operai che si giocano lo stipendio ai professionisti affermati: persone che sono arrivate a perdere anche 200 mila euro”. E spesso spinge a violare la legge: rubando ai familiari, come nel caso di un giovane nel trevigiano, oppure improvvisandosi rapinatori per tentare di ripianare i debiti, come in quello di un uomo di Battipaglia che per giocare aveva impegnato anche le fedi nuziali.  

 

La legge di stabilità dell’anno scorso aveva stanziato 50 milioni di euro per la cura e il contrasto delle patoogie legate al gioco d'azzardo, di cui un milione per sperimentare un software per il controllo dei soggetti a rischio. Ad oggi però non si sa quali ricadute pratiche abbia avuto quello stanziamento. Anche le singole regioni mettono a disposizione dei fondi per combattere il gioco d’azzardo, ma spesso è difficile rintracciarli nelle pieghe dei bilanci delle Asl.

 

Secondo Feder occorre dunque “pianificare una riduzione delle occasioni di praticare il gioco d’azzardo. E oggi questo è vero non solo per le slot machines ma in particolare per le scommesse e le pubblicità che le incentivano. Le duemila concessioni in meno sono solo il primo passo”.

 

 

 

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Corriere delle Alpi: Febbre da gioco

Inchiesta in collaborazione con Dataninja. Elaborazioni dati e grafiche a cura di Andrea Nelson Mauro e Alessio Cimarelli. Coordinamento editoriale Marianna Bruschi, Agl-La Cronaca Italiana

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