«Vince la burocrazia, la casa crolli pure»
SAN PIETRO. «Ha vinto la burocrazia, mi arrendo. Lascerò che la mia casa crolli sotto i colpi del tempo».
Erminio De Zolt Lisabetta alza bandiera bianca e, dopo 22 anni di lotte inutili contro la Soprintendenza di Venezia, decide di lasciare la casa al suo destino. Ma non senza aver prima lanciato una provocazione.
«Poiché ritenete che la mia casa rappresenti un bene storico di così alto valore», scrive alla Soprintendenza, «allora propongo al ministero di valutare la possibilità di acquistarlo».
Ma torniamo indietro di oltre vent'anni.
«Nel 1993», spiega Erminio De Zolt, «acquistai la metà di una casa con annesso fienile a Presenaio di San Pietro. Avevo intenzione di ristrutturarla per ottenerne appartamenti».
Ma il Comune risponde che non può prendere in esame il suo progetto perché la costruzione è sottoposta a vincolo da parte delle Belle Arti.
«Così», prosegue De Zolt, «inizia l'odissea della mia casa storica. Faccio fare le modifiche richieste e mi reco dalla Sovrintendenza insieme a due tecnici; ma mi chiedono di fare nuove varianti, rassicurandomi che con queste modifiche il progetto sarebbe stato approvato. Ma non è stato così».
Ed ora la Soprintendenza gli comunica, con una lettera del 25 febbraio, che “in merito alla vecchia casa di legno e muratura del secolo XVI e XVII di tipo cadorino sita in via Picosta n° 5, il progetto redatto a suo tempo dal perito edile G. Pradetto Roman non può essere preso in considerazione in quanto presentato da professionista non avente titolo e inoltre privo di documentazione atta a documentare lo stato del fabbricato nella sua consistenza, tipologia dei materiali costitutivi delle strutture e dei rivestimenti esterni ed interni, degrado e quant'altro. Nel caso di un nuovo progetto, dovrà essere presentata a questa Soprintendenza, da parte dei proprietari, una richiesta di autorizzazione (con marca da bollo) all'intervento sull'edificio ai sensi dell'art. 21 del dlgs 42/2004. Il progetto, come prescritto dalla legge, dovrà essere redatto da architetto abilitato ed eventualmente controfirmato da un ingegnere, sempre abilitato e progettista delle sole parti strutturali”. E precisa che “il fabbricato, pur essendo distinto in due proprietà, presenta il prospetto su strada unitario per tipologia, forometria e materiali, per cui il restauro dovrà riguardare tutta la parete.” Firmato, il Soprintendente ad interim architetto Antonella Ranaldi. Nella sua replica, Erminio De Zolt ricorda che «quando mi sono presentato direttamente da voi nessuno ha contestato né il ruolo né il progetto del perito. Anzi, l’allora incaricato alla Sopraintendenza dava indicazioni per modificare l’elaborato, cosa effettivamente fatta come da progetto a voi consegnato, in modo da presentarlo senza che avesse successivi rimbalzi». Poi De Zolt prende atto del fatto che il restauro debba riguardare tutta la parete su strada, «ma essendo di mia proprietà solo una porzione», dice, «dubito che gli altri proprietari, essendo operai per giunta anche emigranti, possano sostenere il macigno delle spese; e non mi riferisco solo a quelle materiali. E poi, lavorando nell’ambiente dell’edilizia, purtroppo, mi sono fatto un’idea dei costi da sostenere e comunico che non intendo proseguire nella richiesta, poiché non sono disposto assolutamente ad investire proporzionalmente più in “firme autorizzate” che nel lavoro materiale. Mi arrendo ancora una volta e definitivamente alla vittoria di una burocrazia lenta e costosa che va a discapito del decoro ambientale e paesaggistico. Nella speranza che la “casa storica” regga ancora 300 anni, ringrazio e porgo distinti saluti».
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