Vini bellunesi, a Vinitaly uno spazio tutto per loro

Il 10 aprile ci sarà la presentazione alla fiera nello stand del Veneto. Il coltivatore Limana: «I nostri sono prodotti di nicchia»



Il 10 aprile a Vinitaly, nello stand della Regione Veneto, uno tra i più visitati di tutta la fiera, si terrà un evento importante: la presentazione dei vini bellunesi. Un evento nel corso del quale si potrà conoscere la filosofia che sottende alla viticoltura in montagna e si potranno fare delle degustazioni e apprezzare quindi il prodotto della terra.

«Sarà un trampolino di lancio incredibile, in cui si potrà spiegare ai presenti che anche nel Bellunese, pur se in maniera particolare, si fanno vini di qualità», precisa Alex Limana, produttore di vitigni resistenti, un settore che sta prendendo piede in provincia. Trentuno anni, di professione pasticcere, ad un tratto è arrivata la voglia di lasciare tutto e dedicarsi alla terra, fondando con il socio Giampaolo Ciet, l’azienda agricola Poggio Pagnan a Zottier di Mel nel comune di Borgo Valbelluna.

Come nasce questa sua passione per le viti?

«Sono un pasticcere-gelatiere, per nove anni ho fatto il cioccolatiere, poi ho cambiato rotta. Io e il mio socio avevamo dei terreni che facevamo lavorare da altri e avevamo anche degli immobili. Da qui è partita l’idea di un progetto ristorativo. La ricezione è già partita mentre la ristorazione partirà nel 2020. Grazie ai bandi del Piano di sviluppo rurale, nel 2014 abbiamo avviato un’attività di allevamento di maiali allo stato brado, poi la coltivazione di orticole e poi abbiamo acquistato le quote di viti e nel 2017 abbiamo impiantato il vigneto. Ad oggi abbiamo un ettaro a vigneto, ma presto ne aggiungeremo un altro mezzo».

Perché la scelta della varietà resistente?

«I vigneti resistenti o piwi cioè resistenti ai funghi richiedono un numero di trattamenti nettamente inferiori rispetto alle varietà internazionali come Pinot o Chardonnay. E meno trattamenti significa più rispetto del territorio, che è la vocazione e la filosofia che ci anima. I vitigni resistenti in linea di massima non hanno punti deboli, il problema è il clima a cui devono adattarsi. Ma il problema di fondo è far conoscere queste varietà e far capire che possono generare vini molto buoni. Sono vini biologici, praticamente, e di nicchia che si piazzano sul mercato a prezzi relativamente elevati. Hanno un bouquet vario e con un team di enologi abbiamo avviato uno studio per capire cosa attenderci in termini di profumi e gusto».

Ha già iniziato a produrre?

«Il vigneto di varietà Bronner l’abbiamo preso nel 2017 e l’anno scorso abbiamo provato a fare la prima microvinificazione. Abbiamo vendemmiato 100 chili di uva per prova. Quest’anno comunque potremmo produrre circa 1.500 bottiglie, mentre a regime ce ne attendiamo novemila. Come si capisce, si tratta di varietà che non puntano certo sulla quantità, ma sulla qualità e sulla loro particolarità. Si tratta di una produzione di nicchia: si consideri che in provincia ci sono oltre una ventina di aziende vitivinicole ma quelle che coltivano esclusivamente varietà resistenti sono sette. Ma il trend è in crescita».

Anche nel Bellunese quindi sta prendendo piede la “vitemania”. Sarà il futuro dell’agricoltura?

«La viticoltura non sarà il futuro esclusivo dell’agricoltura, ma diventerà una buona integrazione al reddito per le aziende multifunzionali come la mia. Credo che il Bellunese potrà distinguersi tra tutti i produttori di vino per le sue varietà particolari e per il modo con cui viene coltivata nel rispetto dell’ambiente». —
 

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