Violenze in famiglia: 71 donne feltrine hanno chiesto aiuto
FELTRE. Sono una settantina le donne che a Feltre hanno chiesto aiuto contro la violenza domestica. Si è aperto finalmente il vaso di Pandora, dopo anni o magari decenni di sofferenze subite dalle donne e più indirettamente dai figli, ai quali però restano il più delle volte le stigmate della violenza assistita, cioè di assistere a episodi, fatti non solo di botte ma anche di ingiurie e minacce, che possono segnarli per tutta la vita. Grazie all’apertura della succursale feltrina del centro antiviolenza Belluno-Donna, presieduto dalla psicoterapeuta Francesca Quaglia, e alla formazione delle volontarie (di cui nove formate e quattro attive) dal primo febbraio 2016 ad oggi, 71 donne fra Feltre e dintorni hanno contattato la succursale. Sessanta sono seguite con metodologie e approcci mirati. Ci sono stati un centinaio di colloqui telefonici e 112 colloqui personali. Al momento si sono avviati quattro tirocinii lavorativi.
Del consuntivo di due anni di attività, parla la professionista responsabile Francesca Quaglia che ha contribuito a far emergere il sommerso anche a Feltre grazie alla risposta tempestiva dell’amministrazione comunale e della commissione pari opportunità con operatrici formate e disponibili agli aggiornamenti proposti.
«L’obiettivo dell’apertura della succursale era di rendere più agevole alle donne vittime di violenza maschile del territorio feltrino di usufruire del sostegno e dei servizi offerti dal settore accoglienza del Centro Belluno-Donna. Costruendo con loro un percorso di uscita dalla violenza attraverso colloqui telefonici di accoglienza, colloqui personali, colloqui di orientamento al lavoro, sostegno economico (buoni spesa alimentari, biglietti autobus, ricariche telefoniche) e consulenza legale. Attraverso i colloqui, le operatrici hanno offerto sostegno e informazioni specifiche, affinché ogni donna potesse trovare la soluzione adatta a sé e alla propria situazione e si attivasse per cercare le modalità più opportune per proteggersi e proteggere i propri figli e figlie».
« L’intervento», sottolinea ancora la psicologa, «consiste in un percorso di counseling specifico sulla situazione di violenza che la donna sta vivendo, strutturato in una serie di colloqui a cadenza periodica secondo i presupposti della protezione, della riservatezza, della relazione tra donne e del non giudizio. Le donne accolte sono state sostenute anche nella ricerca di lavoro offrendo azioni di supporto e orientamento all’inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro a donne che hanno subito o subiscono violenza, anche in termini di deprivazione sui generi di sopravvivenza, al fine di promuovere e incrementare l’autonomia economica e la percezione di autoefficacia e facilitare così il percorso di uscita dalla violenza. L’associazione a tal fine ha avviato importanti collaborazioni con aziende locali e agenzie del territorio che si occupano di inserimento lavorativo. Per sostenere le donne in percorso che stanno reinserendosi nel mondo del lavoro, il Centro le ha sostenute anche nella conquista di un’autonomia abitativa».
Ci sono aspetti rispetto ai quali il Centro non ha competenza, come gli interventi di protezione dei minori che assistono alla violenza o ne sono vittime. «Grazie al lavoro di rete sono state offerte informazioni e accompagnamento ai servizi territoriali competenti sia in materia di intervento e protezione sui minori vittime di violenza sia in altri ambiti. Sono stati registrati numerosi contatti (telefonate, incontri, accompagnamenti) con agenti sociali (servizi sociali, forze dell’ordine, scuole) per quelle situazioni in cui è stato possibile e necessario attivare soggetti, con diverse professionalità, per rispondere ai diversi i bisogni espressi dalla donna».
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