«Vivere a 50 anni da precaria non è vita»

La testimonianza toccante di Anna, che lavora con contratti a termine in un’occhialeria ed è malata
CRISI NELL' OCCHIALERIA
CRISI NELL' OCCHIALERIA

BELLUNO. «Come si può essere precari a 50 anni?». Se lo chiede Anna (nome di fantasia per tutelare la privacy) una lavoratrice che dopo tanti anni di lavoro in un’occhialeria, ora chiusa, si ritrova a doversi mantenere sottoscrivendo dei contratti a termine. E ogni volta che stanno per concludersi, la paura l’assale e insieme alla paura la domanda sempre uguale: «Cosa ne sarà di me se questo contratto non mi sarà riconfermato per un altro periodo?».

«Dopo vent’anni come dipendente in una ditta bellunese dell’occhialeria», racconta Anna, «sono finita in cassa integrazione, poi l’azienda ha chiuso e mi sono ritrovata senza più nulla in mano», continua Anna che vive sola. «Ho cercato in tutti i modi di lavorare. Mi sono rivolta anche alle agenzie di lavoro interinale. Mi sono trovata a oltre 40 anni a chiedere lavoro e mi sono sentita misera, quasi a chiedere l’elemosina. Eppure credo che il lavoro sia un nostro diritto. Ma non è così purtroppo e la cosa peggiore è che ti ritrovi alla mia età, in una fabbrica sottoposta al controllo di ragazzi che potrebbero essere tuoi figli. Che ti controllano, e che molto spesso ti trattano come se non avessi mai fatto quel lavoro. È una sensazione devastante, che ti fa venire l’angoscia, l’ansia, che non ti fa vivere», dice Anna.

Ma in questo percorso, Anna si è ammalata. «Ho avuto un tumore al seno e questo mi ha costretto a sottopormi a terapie invasive e invalidanti. Oggi faccio fatica a sollevare un braccio e a fare determinati movimenti, per cui sono costretta a caricare tutta la tensione sull’altro. Mi hanno riconosciuto un’invalidità del 60% e per questo posso usufruire della legge 68 sul collocamento obbligatorio per i disabili, ma questo non mi ha portato alcun vantaggio, visto che sono ancora precaria». Per Anna la vita è difficile, a giorni troppo pesante. «Sono costretta a fare turni: mi alzo alla mattina alle 4.20 per essere ad Agordo alle 6, se poi inizio al pomeriggio non riesco nemmeno a trovare parcheggio. Per la mia malattia devo fare periodicamente delle visite di controllo, ma mi rendo conto che mi faccio problemi a chiedere il permesso, perché ho paura che questo possa pregiudicare la possibilità di un rinnovo del contratto. Questa non è vita, è un’agonia continua. Perché alla mia età si deve vivere così?». (p.d.a.)

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