Volo mortale con la tuta alare

Base jumper inglese si schianta sotto la Cima della Busazza a 2.700 metri di altitudine

AGORDO. Volo mortale con la tuta alare. Il base jumper inglese Robert Noman Haggarty ha perso la vita ieri mattina, sotto la Cima della Busazza, nel territorio di Taibon Agordino. Erano le 11, quando è scattato l’allarme, dopo che un alpinista e un escusionista, che si trovavano al rifugio Vazzoler, avevano assistito in diretta all’incidente.

Il non ancora 48enne britannico era arrivato molto presto in Agordino dalla Val di Fassa, con un gruppo di appassionati capitanato dall’austriaco Andreas Podlipnik e del quale facevano parte i connazionali Angelo Niko Grubisic e Matthew Robinson, che vivono a Southampton. Era salito fino ai 2.894 metri della Cima della Busazza su un elicottero B3, che effettua questo tipo di trasferimenti, nella zona di Capanna Trieste. Una volta raggiunta la parte destra dello spigolo, ha indossato la tuta, prendendo tutte le precauzioni necessarie e si è lanciato nel vuoto.

Qualcosa dev’essere andato storto, perché Haggarty ha aperto molto presto il paracadute, ma il dispositivo di sicurezza non gli è bastato a evitare di schiantarsi contro una parete circa 200 metri più in basso.

La telefonata al numero di soccorso 118 è stata immediata. L’eliambulanza decollata dall’ospedale di Pieve di Cadore è arrivata sul posto, lasciando su una cengia il tecnico di elisoccorso, in una posizione sufficientemente distante, per non causare spostamenti della vela nera e arancio con le eliche. In un secondo momento ha fatto rotta verso Agordo, per andare a prendere due tecnici del Soccorso alpino di Agordo. I tre soccorritori hanno attrezzato tutto il percorso, in maniera da portarsi sulla verticale e raggiungere l’uomo, che era morto sul colpo per via delle gravissime ferite riportate nell’atterraggio.

Hanno messo in sicurezza il paracadute e con il via libera del sostituto procuratore della Repubblica, Marco Faion ricomposto la salma su una barella, che è stata calata su una cengia più in basso, perché nel frattempo le nuvole si erano richiuse. Qui l’elicottero ha potuto recuperarla con un verricello di venti metri e trasportarla fino a Capanna Trieste, dove la salma di Haggarty è stata affidata prima ai carabinieri e poi al carro funebre.

Il base jumper alloggiava al rifugio Monti Pallidi, a Canazei: «Era arrivato mercoledì scorso, insieme a Grubisic, mentre un paio di giorni dopo i due erano stati raggiunti da Robinson», spiegano dalla reception, «nei giorni scorsi, avevano fatto altri voli con la tuta alare sulle Dolomiti, senza conseguenze».

Ieri mattina sveglia presto per una spedizione altrettanto rischiosa, in Agordino, sulla Cima della Busazza: «Il gruppo è formato da 25 persone e avevano in mente di partire verso le 5. Nessuno li ha visti andare via, ma non potevamo certo immaginare che Haggarty non tornasse più. Il base jumping è una disciplina molto rischiosa non c’è dubbio, ma sappiamo per certo che questo gruppo era formato da persone esperte, che non improvvisano niente. Purtroppo un fatto del genere può sempre accadere e naturalmente ci dispiace tantissimo».



Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi