Voltago, Marco “bocia” di Valpe tira otto ettari di prati. Obiettivo in consiglio: curare le ferite di Vaia
Muletto, camion, pala gommata: da Campo ha fatto il pieno di patenti. «Le ho sfruttate da volontario di protezione civile nella mia Voltago»
VOLTAGO. Marco Da Campo è un operatore ecologico a tutto tondo: raccoglie i rifiuti e sparge il letame, pulisce le strade e taglia l’erba dei prati, porta via i cassoni scarrabili dagli ecocentri e i tronchi dai boschi. È anche a lui, e a quelli come lui, che le comunità, e quelle di montagna in particolare comprese dei villeggianti, devono una buona parte del benessere di cui ancora godono.
Quando 29 anni fa Marco nasceva, i temi della raccolta differenziata dei rifiuti e della necessità di tenere il bosco distante dalle case erano ancora lontani dall’imporsi come obiettivi impellenti. Inebetiti dall’idea che il progresso passasse per la produzione, il consumo e l’accumulazione di oggetti di cui poi disfarsi velocemente, si è finiti per guardare con la puzza sotto il naso il settore agricolo e zootecnico che pareva l’emblema di un mondo retrogrado. Per fortuna qualcuno si è salvato.
«Me lo ricordo come fosse ieri – dice Marco al tavolino del bar di famiglia, di fronte alla chiesa di Voltago – avevo sei anni e alle sei di sera stavo tornando a casa da messa assieme a una cugina di mio padre che, con la sua famiglia, aveva dei cavalli a Miana, sotto casa mia, e segava i prati. Vederli sotto il sole con la falciatrice e con i rigoli di sudore che scendevano dalla fronte, mi affascinava. Così, quella sera, le confidai che avrei voluto frequentare una scuola che mi insegnasse a fare il fieno e lei mi disse che c’era l’istituto agrario a Feltre. Quella sera decisi che un giorno mi sarei iscritto lì».
La promessa fatta a se stesso si è concretizzata otto anni dopo. A Feltre, Marco ha seguito anche il corso di specializzazione regionale in zootecnia. Lo ha fatto per interesse, ma anche per avere un’opportunità in più da spendere nel mondo del lavoro. Con le patenti si è comportato alla stessa maniera. A sedici anni quella per la moto per poter guidare su strada un trattore di una certa dimensione.
«Dopo i diciotto anni e dopo un’esperienza a Parma in un’azienda agricola di proprietà di gente originaria di Voltago che mi ha insegnato a guidare il trattore come si deve – dice – ho preso anche altre patenti per poter condurre una pala gommata, un escavatore, un muletto, un camion. Avevo deciso che era giusto investire su me stesso per poter essere il più appetibile possibile agli occhi delle aziende alle cui porte avrei potuto bussare. Le ho sfruttate anche come volontario del gruppo comunale di protezione civile».
Marco ha concluso da poche ore un lungo giro a bordo di un tir di Valpe. «I miei 300 chilometri li ho fatti anche oggi – dice con ancora addosso i vestiti da lavoro – sono partito a mezzogiorno, sono andato sul Falzarego, poi a Cortina, quindi a Treviso dove ho scaricato e infine sono risalito».
Da Parma, dove aveva la mansione di trattorista ed era addetto alla mungitura, Marco è tornato a Voltago «per il richiamo di casa». Dopo alcune esperienze come escavatorista e autista di mezzi per lo sgombero neve presso ditte locali e jolly nel bar di casa - dal 2017 è stato assunto da Valpe Ambiente, l’azienda che svolge la raccolta dei rifiuti in Agordino e a Sedico e ora anche in Valle del Boite e nel Feltrino.
«Sono in assoluto il più giovane dipendente dell’azienda», dice fiero. Poi continua con autoironia: «Passo sempre per il “bòcia” di turno: “Manda il bòcia là, questo qua lo fa il bòcia”».
Il bòcia di Valpe, in effetti, fa un po’ di tutto. Marco si definisce «polivalente». «Non ho un’unica mansione – spiega – a volte svolgo la raccolta porta a porta e fornisco cassonetti agli utenti, altre mi occupo della pulizia delle strade con la spazzatrice, altre ancora raggiungo gli ecocentri per portar via i cassoni pieni. Ci sono giornate in cui mi alzo alle 3 e altre che inizio a mezzogiorno. A me piace molto quello che faccio: ho una buona paga, lavoro 7 ore e 36 al giorno e perciò mi rimane molto tempo libero da dedicare alle mie passioni. Se mi faccio problemi nel lavorare nell’ambito delle immondizie? Assolutamente no, anzi sono grato di avere un lavoro e non mi pesa alzarmi alle 3. Penso che siamo in un periodo in cui non c’è la crisi del lavoro, ma dei lavoratori. Tra Luxottica che dà tutto ai suoi dipendenti e il reddito di cittadinanza, non c’è più la voglia di uscire alle 3, magari sotto la pioggia, per fare un lavoro che è fondamentale per la comunità».
Questa, però, sembra consapevole di tale importanza. «La gente – sottolinea infatti Marco – è riconoscente del servizio che facciamo. Mi saluta sempre e mi capita di fermarmi a bere un caffè e a scambiare una parola con le persone a cui svuoto il bidone».
Dal suo punto di vista privilegiato Marco ha parole di elogio per i cittadini, anche se qualcuno potrebbe fare di più. «I giovani sono i più bravi nel fare la differenziata – dice – e anche le utenze private in generale sono molto ligie. Per quanto riguarda quelle turistiche-commerciali c’è invece ancora un po’ di strada da fare». Mentre percorre quella che lo porta fra le vie strette dei centri storici o in pianura per lo scarico dei cassoni, Marco ha modo da un lato di conoscere posti di cui non sapeva l’esistenza («prima – ammette – non sapevo come si raggiungessero questo e quell’altro passo, ora ho la carta geografica della provincia ben chiara in testa»), dall’altro di pensare a quello che lo aspetta a Voltago. Su altre strade, sterrate o prative.
«Nel 2014 – racconta – assieme a mio padre Duilio e ai miei zii Angelo e Ilario abbiamo acquistato un trattore munito dell’attrezzatura per la pulizia dei nostri boschi; due anni dopo abbiamo fatto “l’aggiornamento” per avere più possibilità sia nella pulizia dei prati che nello sgombero neve».
Il giorno in cui ci siamo sentiti per concordare la data della chiacchierata, Marco stava «tirando i prati». Tra quelli suoi e quelli che alcuni privati gli hanno affidato ne ha otto ettari. «Sono partito con 5 mila metri quadrati attorno casa – dice – poi quando Sergio Brenna aveva la stalla con le capre e da solo non riusciva a conciliare la cura degli animali con la pulizia del prato, ho deciso di dargli una mano. In seguito lui ha chiuso, ma io ho continuato a tagliare l’erba dando poi il fieno a un’altra azienda agricola. Nel tempo altri proprietari mi hanno affidato le loro particelle per fare il fieno. Qualcuno era più restio, ma poi, quando ha visto come lavoravo, si è convinto e l’anno successivo è venuto a chiedermi se potevo segare anche la sua. Mettere su un’azienda mia? Partire da zero è troppo difficile a livello burocratico e poi a Voltago non c’è il posto».
Per Marco, che da consigliere comunale si sta occupando della gestione dei boschi colpiti da Vaia e dell’idea di ripristinare la piana di Frassené, è questione di amore per il territorio. Fatica a definirlo e allora prova a tradurlo chiedendo aiuto ai sensi. «Quando taglio l’erba – dice – l’odore aleggia per giorni nel paese. Il profumo del fieno è una pacchia. Il territorio continua a cambiare: prima c’è l’erba verde e lucida, poi ingiallisce, poi spuntano i fiori, poi le andane e le balle di fieno, che mi mettono di buon umore, lo decorano, poi quando spargo il letame rimane tutto nero per 3-4 giorni e nell’aria c’è quell’odore acre che termina con il dolce». Lo si può sentire a patto che la puzza sotto il naso nel frattempo se ne sia andata.
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