«Voltiamo pagina dopo otto anni: il primo pensiero è per mia figlia»
FELTRE. Tre su tre. Due assoluzioni in primo grado e una sentenza annullata dalla Corte di Cassazione, dopo una condanna in primo grado a sei mesi per turbativa d’asta. La storia giudiziaria di Nino Martino è finita ieri, all’ora di pranzo, con la sentenza più importante, quella che ha chiuso il procedimento più lungo e complicato: «Ho potuto finalmente dire a mia figlia che è finita. Sono contento, questo è sicuro, dopo aver girato una pagina importante della mia vita professionale, e che è durata qualcosa come otto anni. Devo riconoscere che il Tribunale di Belluno ha dimostrato una grande attenzione per il mio caso ed è arrivato a stabilire la verità».
Questa volta la Procura l’aveva accusato di una trentina di capi d’imputazione, dai quali è stato scagionato o prosciolto: «Qualcuno ha voluto vedere del penale in qualsiasi cosa io abbia fatto nel mio ruolo di direttore del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Non faccio l’avvocato, non sono un esperto di diritto amministrativo e posso aver fatto degli errori; ma in questo caso sarebbero dovute scattare al massimo delle multe e non dei processi penali».
I procedimenti quanto le sono costati dal punto di vista professionale? «Molto, perché in tutti questi anni ho dovuto rinunciare ad almeno tre incarichi importanti, dopo aver dovuto lasciare il Parco bellunese. Incarichi già decisi, e non telefonate per sondare la mia disponibilità; che sono state molte di più. Posso sembrare chiacchierone, empatico e a tutto questo bisogna anche aggiungere che sono “terrone”; ma ero e rimango una persona onesta, che ha lavorato per il bene dell’ente del quale era direttore. Non avevo e non ho davvero niente da nascondere e questo l’ho detto anche alla Guardia di finanza, nel giorno in cui c’è stata la perquisizione».
Si sente un perseguitato? «Perseguitato non lo so, ma dopo che sono usciti i primi articoli di stampa, la mia anziana vicina di casa mi ha tolto il saluto e questo fatto è stato per me peggiore di una condanna. La gente semplice ha pensato che io fossi un ladro, cosa che naturalmente non è vera e che è stata dimostrata in tribunale. Non ho mai agito per interesse personale, chiedendo sempre l’autorizzazione di quello che facevo ai miei superiori. Sono felice e spero che la mia esperienza giudiziaria sia terminata qui, perché non nego di aver vissuto momenti difficili. Mi auguro che la vita mi dia un’altra possibilità».
Cosa fa adesso? «Mi sto dedicando all’attività di guida ambientale escursionistica. La natura e la sua promozione rimangono la mia grande passione». —
G.S.
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