Wanbao Acc, il futuro è segnato: «Questa volta ci chiudono»

Paura, delusione e sconcerto tra i 285 dipendenti della fabbrica di Mel. Le rsu critiche: «A chi possono venderci? Un errore aver tagliato i volumi»



«La nostra paura è che ci chiudano. Dobbiamo dire le cose come stanno, anche se sono crudeli. Ci sono famiglie intere che lavorano all’ex Acc. Se il territorio non è riuscito a riassorbire i 90 lavoratori usciti nel 2018, come farà con 285 persone?».

Il clima in fabbrica

Sfiducia, sconcerto, delusione: un mix di sentimenti negativi attanaglia i lavoratori dell’Acc Wanbao dopo il vertice di martedì al ministero dello Sviluppo economico. Ieri si sono svolte le assemblee. Le rsu hanno illustrato la situazione, con l’azienda che ha preso un mese di tempo prima di prendere una posizione definitiva. Fino ad allora «niente scioperi o altre manifestazioni che possano mettere a rischio lo stabilimento stesso in vista di una vendita». «È stata dura», sottolinea Nadia De Bastiani, rsu della Fiom Cgil, «ma abbiamo il dovere di dire le cose come stanno ai nostri colleghi, anche se sono parole dure, parole che fanno male. Non possiamo certo illuderli».

Alle crisi i lavoratori dell’Acc sono abituati. Da 15 anni infatti tra cassa integrazione, fallimenti e acquisizione, a Mel si vive sempre nell’incertezza. E ora, dopo le promesse di rilancio annunciate dal gruppo cinese al suo insediamento, si torna sul ciglio del precipizio. L’unica speranza è che si possa giungere a una soluzione diplomatica per salvare i posti di lavoro. Al momento, però, lo spettro della chiusura è tornato ad aleggiare. «La cosa che non capiamo è che fino al 31 agosto abbiamo fatto gli straordinari per riuscire a rispondere ai clienti, mentre il giorno dopo veniamo a sapere che Wanbao non investirà più a Mel, perché, anche lavorando di più, la perdita non si arresta. Durante i tre mesi di straordinario il buco è addirittura aumentato di 220 mila euro», dice Giorgio Bottegal, rsu Fiom. Intanto nei prossimi giorni, Electrolux, cliente che pesa per il 70% su Acc Wanbao, sarà in Cina per motivi commerciali.

La possibile vendita

I rappresentanti sindacali hanno raccontato che a Roma «i vertici di Wanbao sono arrivati con l’idea di chiudere, soltanto la promessa di aiuti da parte del Ministero ci ha permesso di prendere tempo». Un mese che servirà ai cinesi per decidere se investire ancora su Mel o se vendere. «Ma vendere a chi? Alla concorrenza?», si chiedono le rsu. «Vendere significherebbe che, almeno per sei mesi o un anno, la proprietà cinese dovrebbe rimanere qui per tenere in piedi l’attività in vista del nuovo acquirente, investendo denaro sullo stabilimento. E come può essere possibile ciò, se in questi cinque anni non hanno acquistato un macchinario nuovo e i profili professionali che se ne sono andati non sono mai stati rimpiazzati?», si chiede Massimo Busetti della Uilm.

«A differenza dei nostri competitor, che si trovano nel Far East, il nostro stabilimento è l’unico in Italia a produrre compressori e tutti ci riconoscono la qualità del prodotto», sottolinea Giuliana Menegol. «Per questo motivo dico che dobbiamo puntare sulla qualità per il rilancio».

La situazione, quindi, resta grave e per le rsu la colpa è della proprietà. «Non si può pensare di rilanciare una fabbrica producendo di meno per contenere i costi», dicono Bottegal e De Bastiani. Di ridurre i volumi l’azienda aveva parlato ai primi di settembre, sempre per aumentare i guadagni. «La nostra paura è che Wanbao voglia sostituire il nostro prodotto con quello fatto in Cina», concludono le rsu. —


 

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