Wanbao, dopo cinque mesi ancora a casa i 90 licenziati

Il delegato della Uilm, Busetti insieme a Fiom e Fim lanciano un allarme «La politica e il territorio si mobilitino, altrimenti c’è un rischio sociale»



Da più di cinque mesi la gran parte dei 90 licenziati della Wanbao Acc sono in disoccupazione. E cresce la preoccupazione per il loro futuro.

Massimo Busetti, delegato della Uil della fabbrica zumellese, lancia per primo l’allarme e chiede che la politica a tutti i livelli faccia la sua parte. «Qui rischiamo di arrivare a un allarme sociale, se chi di dovere non interverrà in tempi brevi».

I novanta dipendenti licenziati a fine settembre dalla Wanbao hanno a disposizione due anni di Naspi, cioè la vecchia disoccupazione, poi per loro non ci sarà più nulla. Certo, di tempo ancora ce n’è, ma il timore è che la situazione non si smuova ancora a lungo. E più passa il tempo, più rischiano di affievolirsi le possibilità di trovare una nuova occupazione per chi ha già un’età non così appetibile.

«Dopo cinque mesi dall’uscita dal mondo del lavoro, più di due terzi dei licenziati non ha ancora trovato lavoro», dice Busetti. «E questo mi preoccupa, perché vuol dire che non ha funzionato il percorso ad hoc messo in piedi con i Centri per l’impiego, tramite il tavolo delle politiche attive in Provincia».

«Dai sindaci ai parlamentari», ricorda il delegato Uilm, «c’era stato l’impegno della politica a tutti i livelli per trovare una ricollocazione a questi lavoratori, che sono perlopiù donne di mezza età. Ma dopo il gran vociare dei primi giorni, ora tutto tace. Per quello che posso, quando sento che qualche azienda sta cercando del personale lo segnalo ai miei ex colleghi. Ma non basta. Una speranza arriva dalla cosiddetta “quota 100”: liberandosi dei posti in qualche fabbrica, potrebbero esserci possibilità di reinserimento per i nostri colleghi».

I telefoni dei sindacati di categoria, intanto, sono diventati roventi. Tutti a chiedere cosa fare per trovare un lavoro. «La media del tempo di rioccupazione è solitamente di sei mesi, se si supera questo lasso temporale, c’è il rischio che questi disoccupati lo diventino troppo a lungo», aggiunge anche Mauro Zuglian, della Fim Cisl. «Siamo preoccupati per il destino di questi ex lavoratori», dice Zuglian, a cui fa eco anche Stefano Bona segretario della Fiom Cgil. «Nell’immediatezza dei licenziamenti si era pensato di scrivere ai sindaci per chiedere un incontro, poi le cose sono andate diversamente».

Per il delegato della Uilm e i sindacati di categoria a questo punto «è necessario pensare a qualche iniziativa per riportare l’attenzione su questa situazione».

Le parti sociali stanno rivalutando la possibilità di chiedere un confronto con i sindaci dei territori interessati dal problema. «Ricordiamo che stiamo parlando di persone sopra i 50 anni, per i quali non è semplice la ricollocazione. Se si riesce a riportare i riflettori della politica e della provincia su di loro, forse riusciamo a risolvere questa vicenda. Purtroppo, però, ad oggi siamo lontani dalla soluzione di questa vicenda, visto che anche le richieste delle aziende non rispondono ai profili a nostra disposizione». —



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