Welfare, è boom nelle occhialerie

Partito 35 anni fa alla Ceramica, è cresciuto con la crisi. Ora sostiene il reddito di oltre 10 mila lavoratori bellunesi

BELLUNO. All'inizio era stato pensato per sostenere le spese necessarie per mandare i figli dei lavoratori in colonia durante l'estate o per rimborsare le cure termali, oggi sono arrivati perfino “tata Matilda” per gestire il ménage familiare e i buoni per andare in palestra o al cinema.

Cambia nell’industria bellunese l’idea di welfare, che ha conosciuto un vero e proprio boom ai tempi della crisi economica. E questo non è certo un caso: da un lato, infatti, si vogliono dare risposte in denaro, ma anche in servizi, ai lavoratori per migliorarne le condizioni, dall’altro le aziende usufruiscono degli sgravi contributivi previsti per questi interventi (anche il lavoratore a sua volta può godere di sgravi fiscali).

Il primo welfare che si ricordi in provincia di Belluno è nato 35 anni fa: contrariamente ad oggi, ad applicarlo non fu un’impresa dell’occhialeria, ma della ceramica: l’Ideal Standard di Trichiana.

Il modello Ceramica. «All'inizio il nostro welfare faceva parte del contratto integrativo», ricorda Gianni Segat della rsu. «L’azienda all’epoca - ma lo fa ancora oggi - metteva una percentuale del fatturato (l’1% del monte salari) in un fondo pensato per coprire le spese e questo fa sì che tutto il pacchetto fosse a carico dell’impresa». Inizialmente si trattava di rimborsi spese per soggiorni termali, per curare tumori o leucemie, per le colonie dei figli o per sostenere gli interessi dei mutui casa. Poi negli anni l’impianto del welfare si è affinato per rispondere alle mutate esigenze dei lavoratori. Oggi si parla di buono spesa o carburante, mentre in materia di sanità c’è il rimborso totale per le prestazioni con ticket. «Si tratta di un sistema nato dalla lungimiranza delle rsu di allora», annota Segat. «Per avere questi servizi rinunciarono anche a qualche aumento contrattuale». Il fondo oggi, gestito insieme da azienda e lavoratori (quindi a costo zero), ammonta a circa 180 mila euro; in poche parole, ogni dipendente può contare su circa 360 euro per pagare libri per i figli, spese mediche e asili nido.

L’occhialeria. Ma il vero boom del welfare si registra con la crisi economica. Nel 2008 è la volta di Luxottica, colosso dell’occhialeria, che scova alcuni articolo del Testo unico del 1986 n. 917 in cui è prevista “la deducibilità delle spese sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”. Una volta aperta la strada, anche le altre aziende del comparto iniziano il percorso, condividendolo con i sindacati. Lo stesso Governo, nella Legge di stabilità, introdurrà il welfare nella contrattazione collettiva, prevedendo sgravi fiscali per i lavoratori e contributivi per l’azienda. Si parla per la prima volta di “carrello della spesa” e di rimborsi sanitari per i 6 mila dipendenti di patron Del Vecchio, per arrivare ai giorni nostri ai rimborsi per asilo nido, libri di testo, stage all’estero dei figli e per il maggiordomo che aiuta nel ménage familiare. A sostenere questo piano è una quota parte dei soldi previsti per il miglioramento della qualità.

Dopo Luxottica, ecco la Safilo con il “Flexible benefit” finanziato con parte del premio di risultato, Marcolin con l’attuale sperimentazione tramite i fondi europei e De Rigo con l’assicurazione sanitaria e la riduzione del costo del pranzo. Ora anche altri settori stanno seguendo questo sentiero già tracciato: è il caso di Unifarco, azienda della farmaceutica che da tre anni mette sul tavolo 150 euro a lavoratore per rimborso di libri di testo e asili nido.

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