Zona franca, trovato un contatto a Roma

Elisa Bergagnin e Francesca Dellamore vogliono tradurre il loro lavoro in una proposta di legge

SANTO STEFANO DI CADORE. Davvero caparbie Elisa Bergagnin e Francesca Dellamore, le due giovani imprenditrici del Comelico che da alcuni mesi stanno portando avanti la proposta di una zona franca per i Comuni di Comelico Superiore, Danta, San Nicolò Comelico, Santo Stefano di Cadore, San Pietro e Sappada. «Il nostro unico obiettivo è trovare un politico che trasformi il nostro lavoro in una proposta di legge che venga calendarizzata al più presto. Dal momento che non abbiamo avuto grossi riscontri in Regione, abbiamo deciso di cambiare strategia, contattando un altro politico, questa volta di maggioranza a Roma, che ha dimostrato subito interesse e disponibilità».

Il nome? «Ci riserviamo di svelarlo a fatti compiuti», mettono le mani avanti. Puntuale e, al tempo stesso, robusta la documentazione che le due donne hanno messo a punto, con il sostegno, diretto o indiretto, dei sindaci, a partire da Marco Staunovo Polacco.

«Grazie alla zona franca, Livigno negli ultimi 50 anni si è potuta sviluppare ed oggi è una località turistica di alto livello, oltre ad essere il più popolato dei comuni italiani oltre i 1500 metri d’altitudine. Senza zona franca, oggi presumibilmente sarebbe completamente disabitato», è l’esempio che lanciano le due imprenditrici. «L’istituzione di una zona franca dovrebbe sembrare a tutti la soluzione più indicata per il Comelico Sappada, come lo appare a noi dopo attento paragone con la situazione di Livigno: non si tratta di modificare confini ed accontenterebbe tutti senza scontentare nessuno, in tempi presumibilmente più brevi. Inoltre, la recente istituzione delle zone franche urbane dovrebbe rendere ancora più naturale l’applicazione di un provvedimento concettualmente simile al nostro territorio montano, estrema periferia del Veneto».

Anche la Regione, attraverso l’assessore Giampaolo Bottacin, ha lanciato una proposta di defiscalizzazione, relativa però a tutta la provincia di Belluno. «Se l’intera provincia di Belluno, o addirittura il Veneto, richiedono l’autonomia, bisogna sottolineare che in Comelico Sappada questo non basta: da noi non c’è la Luxottica, non abbiamo la fama di Cortina e delle Tre Cime di Lavaredo. Noi per lavorare ci dobbiamo spostare ogni giorno in Pusteria (si parla di 400 pendolari, esclusi gli stagionali), oppure in Cadore e fino a Longarone per raggiungere le occhialerie; senza contare tutti i giovani, laureati e non, che si trasferiscono in città più o meno vicine, sempre meno spesso per scelta», concludono Bergagnin e Dellamore. «Il Comelico Sappada è una terra meravigliosa, che potrebbe vivere di turismo ma che, allo stato attuale delle cose, non è in grado di competere con le realtà confinanti».

Il paragone con Livigno è a maggior ragione calzante, secondo le proponenti, in considerazione della legge Delrio, che riconosce la specificità delle province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri. (fdm)

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