Belluno nascosta: sul ponte della Vittoria si incontrano eleganza e memoria

La struttura fu costruita dopo la Grande Guerra da Miozzi e Alfarè. Sui quattro lati sono incisi i versi della canzone del fiume sacro alla patria

BELLUNO. A volte mormora, compagno discreto della vita cittadina. Altre volte romba in modo minaccioso, quasi a mettere in guardia chi si vuole avvicinare troppo alle sue acque. Il Piave gioca da secoli un ruolo cardine per le sorti della città e non stupisce che proprio lungo le sue sponde si nascondano storie e curiosità. Il ponte della Vittoria, che collega borgo Piave con via Monte Grappa, li fonde in un’unica espressione artistica e l’episodio odierno di “Belluno nascosta” si concentra proprio su questa elegante struttura.

La sua arcata - rigorosamente a campata unica per proteggere la struttura dalle potenti piene del fiume - racconta l’orgoglio di una nazione uscita provata, ma vincitrice, dalla prima Guerra Mondiale. Il ponte della Vittoria fu costruito fra il 1923 e il 1926 e prese il posto delle vecchie passerelle che prima erano servite per collegare la riva sinistra e quella destra del fiume. I ponti sono infrastrutture che, proprio nella zona di borgo Piave, hanno da sempre caratterizzato il paesaggio. Campate in legno e in pietra hanno infatti consentito nei secoli il passaggio verso Castion e il Nevegal, e in generale verso la Sinistra Piave. Se dei primi non rimane traccia, le rovine del vecchio ponte in pietra sono oggi meta di chi cerca un po’ di riposo e relax a pochi passi dal Piave.

La Grande Guerra segna però una cesura rispetto al passato. La ritirata dopo la disfatta di Caporetto porta infatti alla distruzione del ponte che collega le due sponde. Quando, dopo una sofferta vittoria, l’Italia esce dalla guerra, si rende necessario costruire un nuovo ponte che porta la firma di due professionisti: l’ingegnere Eugenio Miozzi - che successivamente progettò il ponte della Libertà a Venezia - e l’architetto bellunese Riccardo Alfarè che si occupa delle decorazioni.

La prima pietra del nuovo ponte venne posata nel 1923. Tre anni dopo, nel 1926, venne aperto al traffico. Un’infrastruttura che coniuga l’eleganza dello stile Art Nouveau - da cui Alfarè ha tratto spunto - alla volontà di celebrare la recente vittoria non solo nel nome ma anche grazie all’incisione di versi della “Canzone del Piave” sui pannelli decorativi sulle spalle del ponte. Un testo famosissimo, conosciuto soprattutto nei suoi primi versi. «Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio» è l’iscrizione riportata sul pannello che guarda a sud-est, lato borgo Piave. Gli altri tre lati vedono invece incisi altri passaggi della canzone.

L’iscrizione, insieme ai leoni veneziani incisi sul basamento, contribuisce ad arricchire di storia la struttura. Le scritte purtroppo non sono molto visibili dalla strada a causa degli arbusti che le coprono e del tempo che le ha ingrigite. Nonostante le iscrizioni siano ben note ai bellunesi siamo di fronte ad un tesoro “nascosto” nel vero senso della parola.

Non deve stupire la sensazione di deja-vu che vive chi guarda il ponte dopo essere stato in centro, magari passeggiando per via Garibaldi o via Caffi. Riccardo Alfarè ha infatti firmato il Cinema Italia e i palazzi che si affacciano su via Caffi. Un’opera di rifacimento del centro cittadino che ha interessato tanto edifici pubblici quanto abitazioni private, disseminando nelle vie del centro dettagli liberty che danno a Belluno un sapore elegante e retrò.

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