Estate e inverno dalla terrazza del Lagazuoi: «Scattare è una ricerca dentro se stessi»
Cortina
Ormai un’icona, al pari delle Tre Cime di Lavaredo, tanto da essere meta di appositi corsi di fotografia. Il paesaggio che la terrazza del rifugio Lagazuoi offre ai visitatori toglie il fiato: una vista a 360 gradi sulle montagne di Cortina, un’immersione nella “meraviglia” che il nostro concorso fotografico ha voluto celebrare lo scorso anno e da cui sono tratte le foto che vedete in questa pagina. Come ogni settimana, abbiamo cercato una storia che le potesse raccontare. E abbiamo trovato quella di Fabio Marchini, 35 anni, di Parma. Di professione geometra, si scopre fotografo e fa della sua passione un lavoro, organizzando corsi per imparare i segreti della fotografia di paesaggio. Dove, se non sul Lagazuoi?
«Ho iniziato con i corsi tre anni fa» spiega, «e cerco di educare le persone non solo alla fotografia ma anche alla montagna e alla natura. Vedo che la formula che propongo, che prevede anche di dormire in rifugio, piace molto: ormai il Lagazuoi è per me una meta fissa e sta diventando un must per le Dolomiti sotto il profilo della fotografia di paesaggio». Un «classico dolomitico», come lo definisce Marchini, tanto che anche i fotografi internazionali quando fanno tappa sulle Dolomiti aggiungono alle Tre Cime di Lavaredo il rifugio Lagazuoi. Ted Gore e Erin Babnik sono solo alcuni dei nomi che si sono cimentati con il Pelmo, la Croda da Lago e i Lastoi de Formin. Insieme a loro ci sono i tanti fotografi più o meno esperti che si fanno ammaliare dal fascino delle Dolomiti.
Solitamente uomo, spesso tra i 30 e i 40 anni, un grande amore per la natura. Questo il profilo del corsista che si rivolge a Marchini. «Molti sono veneti ma ho clienti da un po’ tutto il nord Italia e anche dal centro» spiega, «che mi contattano tramite i miei canali Facebook e Instagram (dove sono registrato come @fabiomarchini.ph). Soprattutto questo social, che dà primaria importanza all’immagine, ha contribuito alla crescita di questo settore».
Ma proprio i social rischiano di contribuire ad una visione standardizzata dei luoghi. «Siamo bombardati di immagini ma sono tutte simili» spiega, «rischiano di mancare di impronta personale. Invece la cosa più bella è scoprire luoghi mai visti, con scorci nuovi e accattivanti». È in questo, secondo Marchini, che si esprime il potenziale del bravo fotografo. «È una questione di fortuna ma anche di pazienza» aggiunge, «e determinazione nel portare a casa lo scatto». Il risultato è quello che vedete nelle foto dei nostri lettori: lo stesso paesaggio, due fotografie completamente diverse. —
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi