I quattro rifugi antiaereo con le sue scritte: nella Belluno sotterranea riaffiora la storia
Lo storico e assessore Marco Perale: «Il Comune vuole riaprirle alla cittadinanza con spettacoli di matrice culturale»
BELLUNO
Una Belluno nascosta progettata da ingegneri e scavata da abili mani per assicurare un rifugio sicuro dalle bombe che cadevano dal cielo. I rifugi antiaerei che si aprono sotto la città esercitano ancora oggi un grande fascino, colto in pieno dalla fotografia protagonista dell’appuntamento settimanale di “Belluno Meraviglia”, la rubrica nata dal concorso fotografico che celebra le bellezze e il grande patrimonio del territorio provinciale.
Lo scatto di Andrea Zambon offre l’occasione per raccontare un pezzo di storia, quella del capoluogo nel periodo della Seconda guerra mondiale, quando la città venne presa di mira dai bombardamenti alleati contro le truppe di occupazione tedesche.
«Sui muri alcune scritte ricordavano, alla gente spaventata e impaurita, qualche regola di buonsenso: “Calma”, “Silenzio”, “Vietato fumare”», spiega Marco Perale, storico, giornalista e assessore alla cultura del Comune. «Di sicuro in quelle iscrizioni, a differenza di altre che si potevano leggere in quel periodo in città, non vi era la volontà di fare ironia politica. Le persone, per lo più donne, bambini e anziani, accorrevano in questi rifugi quando suonava la sirena che annunciava un bombardamento. Si ammassavano ed erano spaventati».
I rifugi antiaerei nel capoluogo sono quattro in tutto, costruiti tra il 1938 e il 1942, con soffitti a volta e ingressi di cemento armato spessi 60 centimetri. Uno, quello più noto, ha l’entrata in via Alzaia, si snoda sotto via Dino Buzzati (la “Panoramica”) e ha un secondo accesso pochi metri più in alto, all’altezza del semaforo che conduce a Borgo Piave. Un altro si apre in via Lambioi e ha una seconda uscita all’altezza delle scale mobili e “corre” sotto piazza Castello, via Sottocastello e piazza Duomo. Un terzo, dismesso già nel novembre del 1945, si trova sotto il torrione di piazza Mazzini su terreno privato, mentre un quarto, della capienza di 1.500 persone, si apre sotto via Vittorio Veneto.
«Da qualche anno questa città dei sotterranei è stata aperta alla cittadinanza con eventi come “Il Filo di Arianna”, “Oltre le vette”, “Ferragosto e dintorni”», dice ancora Perale. «Stiamo parlando di strutture che di certo non hanno problemi di statica, ma la cui conformazione contrasta con le più recenti normative in termini di sicurezza e vie di fuga». Per questo le persone possono entrare a turno e senza superare un limite massimo. «Non è poi possibile avere il nulla osta perpetuo, ma ogni singolo evento deve avere l’autorizzazione e il parere delle autorità competenti», aggiunge. «Non avrebbe alcun senso intervenire con modifiche strutturali, perché ci troviamo di fronte a un patrimonio culturale importantissimo, a un pezzo di storia viva. Il Comune sta pensando a una fruizione da parte di artisti “di nicchia”, ma stiamo ragionando anche su altre ipotesi compatibili con la particolarità di questi luoghi». –
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