La nascita del lago unisce Cadore e Vajont
CENTRO CADORE. Oggi è un luogo deputato al relax, allo sport, al divertimento. Votato al turismo, e proprio per questo non mancano le polemiche sul livello delle sue acque. Ma la storia del lago del Centro Cadore si intreccia a doppio filo con quella del Vajont e, come la diga che ha segnato il vissuto del Bellunese, tocca da vicino le vite delle persone che vivevano sulle sponde del lago prima che fosse tale. A dar loro voce è il giornalista Toni Sirena, che racconta al Corriere delle Alpi quello che sta dietro alla bella foto del lago del Centro Cadore inviata da Alfredo Piccolo al concorso fotografico Belluno Meraviglia.
«Il lago del Centro Cadore è un bacino artificiale» spiega Sirena, «la diga venne costruita dalla Sade, la stessa società del Vajont, nel 1949». I due luoghi, che distano poche decine di chilometri, fanno parte dello stesso grande “disegno” di sfruttamento idroelettrico dell’asta del Piave. «Senza questa diga la storia del Vajont sarebbe forse stata diversa» spiega Sirena, «forse l’invaso non sarebbe stato neppure costruito».
Ma i fatti, com’è noto, sono andati diversamente. E anche in Centro Cadore, seppur in modo certamente meno devastante che per il Vajont, hanno toccato da vicino la vita delle persone. «Nel 1950 iniziano gli invasi» spiega Sirena, «e cominciano subito i guai. La conformazione del terreno in questa zona è particolare: la parte della destra orografica è composta da banchi di gesso solubile in acqua. A causa degli invasi l’acqua entrò nelle gallerie sotterranee e sciolse i gessi». Ad essere colpite furono soprattutto la zona di Domegge e la frazione di Vallesella, che al tempo era molto popolosa. «L’acqua si portava via il gesso lasciando voragini e incrinando il terreno» ricorda Sirena, autore di libri proprio sullo sviluppo del settore idroelettrico in provincia di Belluno, «il problema era già noto in precedenza, emergeva in occasione delle piogge meteoriche che scorrevano verso il Piave, ma con il lago si è aggravato».
Iniziano quindi le indagini: una commissione tecnica ministeriale viene incaricata di fare luce sui danni provocati alle abitazioni per individuare un eventuale responsabile, e di conseguenza addebitare i risarcimenti: la Sade, se colpevole; lo Stato, se si tratta di problemi legati a cause naturali. «Ci furono continui ricorsi da parte della Sade verso le ordinanze del Genio civile e del ministero» ricorda Sirena, che sottolinea però come neppure i cittadini di Domegge e Vallesella stettero a guardare: «Misero in piedi uno sciopero del voto in occasione delle elezioni comunali e anche delle provinciali» spiega. «Ad ereditare questa vicenda fu Enel» conclude il giornalista, «e verso la fine degli anni ’80 venne varato un piano. Il paese è di fatto stato spostato una casa alla volta, mano a mano che le abitazioni venivano dichiarate inabitabili a causa delle lesioni. Alcuni irriducibili rimangono ma l’area, acquistata da Enel, cambia presto destinazione». Oggi il lago rappresenta una fonte di turismo, viene ammirato e fotografato da ogni angolazione. Ma racconta allo stesso tempo una storia che ha segnato profondamente il Bellunese.
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