La storia rivive con i “Libri di Centenaro”

Nei volumi tutti i segreti di Comelico Inferiore composto dai comuni di S. Stefano e S. Pietro

SANTO STEFANO DI CADORE. Alle radici del tessuto amministrativo del Comelico. I tre “Libri di Centenaro”, presentati per la prima volta al pubblico nella Sala della Magnifica Regola di Campolongo di Cadore, rappresentano una fondamentale “fotografia” della composizione dei Comuni o “comun” di allora, intesi come comunanze di proprietà fra più Regole.

Il Centenaro era un ente intermedio fra la Magnifica Comunità di Cadore e, appunto, i “comun”: dapprima strutture difensive, con cento guerrieri (da cui il nome) che dovevano presidiare il territorio, poi strutture amministrative e fiscali. Eredità dei Longobardi.

«Come Comune di Santo Stefano», ha sottolineato il vice sindaco Paolo Tonon, «siamo molto contenti di poter rendere questi libri fruibili a tutti, per fare luce sulle radici della storia dei paesi del Comelico. Ci piace il riferimento storico all'unione di un territorio che auspichiamo possa ritornare unito, anche amministrativamente, a breve. È la storia che ci ricorda come Santo Stefano e San Pietro siano affini e abbiano molti punti di convergenza (basta pensare alla Val Visdende); e anche l'importanza di fare sinergia fra amministrazioni che contano oggi 2.500 e 1.700 abitanti, che da sole sono marginali, mentre insieme potrebbero progettare un futuro migliore».

Sala della Regola di Campolongo affollata per questo incontro promosso dall'amministrazione comunale insieme al Caffè Letterario del Bar Duemila, che ha visto anche la partecipazione del vice presidente della Magnifica, Emanuele D'Andrea, della direttrice della Biblioteca Cadorina di Vigo Noemi Nicolai, del sindaco e presidente dell'Unione Montana Alessandra Buzzo, di Viviana Ferrario, presidente della Fondazione Centro Studi Transfrontaliero del Comelico e Sappada e di tanti cittadini.

I tre voluminosi registri detti “Libri di Centenaro” sono conservati nell'archivio comunale di Santo Stefano e, insieme a un quarto volume che si trova nella Biblioteca Cadorina di Vigo di Cadore, contengono i verbali delle assemblee del Centenaro di Comelico Inferiore a partire dal 1561.

«Nell'architettura istituzionale del Cadore sino alla caduta della Serenissima», spiega Pier Giorgio Cesco Frare, studioso di storia locale, «i centenari erano organismi intermedi tra la Magnifica Comunità e i singoli comuni, i quali a loro volta erano composti dalle comunità di villaggio note come Regole. Nel caso del Comelico, che del Cadore è sempre stato parte integrante, il territorio era suddiviso in due centenari: Comelico Superiore e Comelico Inferiore». Quest'ultimo era costituito dai comuni di Santo Stefano, detto anche Comun di Mezzo e comprendente le ville di Casada, Costalissoio, Santo Stefano e Campolongo; e di San Pietro o di Oltrarin, comprendente le ville di San Pietro, Presenaio, Valle e Costalta: in pratica il territorio dei moderni comuni di Santo Stefano e San Pietro di Cadore.

«Tra i compiti del centenaro», prosegue Cesco Frare, «vi era quello di stabilire il valore del patrimonio di ciascun proprietario di beni immobili e attività economiche ricadenti nel proprio ambito, per ripartire in proporzione la quota di carico fiscale che veniva imposto dalla Comunità di Cadore, nonché gli oneri derivanti dalle cosiddette fazioni, ovvero prestazioni d'opera gratuite, cui ciascun contribuente era tenuto nei confronti del centenaro stesso. A questo scopo, con cadenza quinquennale il centenaro aggiornava appositi elenchi di censo».

Dunque questi elenchi, che troviamo nei “Libri di Centenaro", costituiscono una fonte importante, e tuttora inedita, di notizie circa la demografia e l'onomastica dell'antico centenaro di Comelico Inferiore, uno spaccato dei ceppi famigliari. «Alla laboriosa revisione del censo, un'operazione che richiedeva più giornate, era chiamata l'assemblea dei deputati del centenaro, i rappresentanti delle otto ville costituenti i due comuni. Era richiesta anche la presenza dell'officiale, il quale interveniva nella sua duplice veste di rappresentante dell'autorità centrale della Magnifica Comunità e di notaio. È evidente come questo lavoro comportasse l'individuazione inequivocabile dei soggetti censuarii: di qui la progressiva e sistematica fissazione dei cognomi ufficiali».

Molto interessante, ad esempio, l'analisi degli elenchi del 1566 e del 1596, periodo antecedente l'istituzione dei registri parrocchiali, quando il processo di cognominazione era ancora nella sua fase iniziale e i materiali onomastici erano per lo più ancora molto instabili. E accanto a cognomi giunti sino ai nostri giorni, ce ne sono altri poi scomparsi.

Tutti gli elenchi considerati sono di pugno di Tiziano Vecellio detto l'Oratore (Pieve 1538 - 1612), il quale per quasi quarant'anni esercitò il notariato e ricoprì la carica di officiale nel centenaro di Comelico Inferiore. Di essi, solo quello del 1596 (il penultimo vergato dal Vecellio) è redatto in volgare, il che consente di meglio identificare i cognomi antichi con quelli attuali. Quello del 1566, e tutti gli altri di mano di questo notaio, sono in latino, la qual cosa talora offre utili spunti etimologici.

Ma quali sono i cognomi che ricorrono in questi antichi libri? «Per quanto riguarda la tipologia dei cognomi indagati, prevalgono i patronimici-matronimici (De Bettin, De Candido, De Bernardin, Iorio, Marta, Zandonella, Zampol ecc.) e i locativi (Casanova, De Villa, Stadoan, Auné), in alcuni dei quali sopravvivono i nomi di villaggi già all'epoca scomparsi (Pramolin, Mesola, Casabalatto, Somià). Sono rari i nomignoli e i soprannomi (Pol Zotto, Gniocco, della Biava, dalla Vedova). Ancor più rari i cognomi di origine forestiera, per lo più sappadina: Quattrer, Fontana, Nichil».

Interessante il cognome De Zolt di Campolongo, che pare indicare la provenienza dalla valle di Zoldo di fabbri ferrai, cosicché da questo ceppo ha avuto in seguito origine l'altro cognome Dal Fabbro/Fabbris. Si nota, poi, negli elenchi la grande uniformità che domina nelle singole ville per quanto riguarda l'uso del cognome. Ad esempio il cognome (de) Cesco a S. Pietro nel 1596 denominava ben 15 ceppi famigliari su 18. E questo spiega il fenomeno, proprio non solo del Comelico bensì di tutto il Cadore, dello sviluppo di doppi e talora tripli cognomi (ad esempio gli attuali cognomi De Lenart Bettina Rocchio a Costalissoio, Pontil Sala Gor a Campolongo), sviluppo che non ha tuttavia eliminato la necessità di un'ulteriore specificazione del nucleo famigliare con un soprannome non ufficiale».

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