Le canzoni di Guccini cantate dai “musici” «Portiamo sul palco le sue poesie nate nel ‘68»

Domenica al Comunale il concerto. Il pianista Vince Tempera: «Ho conosciuto Francesco senza barba, lavoravamo entrambi per i Nomadi»

I “Musici di Guccini” saranno domenica al Teatro Comunale
I “Musici di Guccini” saranno domenica al Teatro Comunale

Le canzoni di Guccini interpretate dai suoi storici “Musici”. Domenica alle 21 al Teatro Comunale Juan Carlos “Flaco” Biondini (chitarre e voce), Vince Tempera (pianoforte e tastiere), Antonio Marangolo (sax) ed Ellade Bandini (batteria e percussioni), con l’aggiunta di Giacomo Marzi (basso elettrico), daranno continuità alla poesia e alla musica del Maestrone. Che serata sarà? Ecco un botta e risposta tra presente e ricordi con Vince Tempera, il collaboratore di più lunga data.

Come mai i Musici di Francesco Guccini a Belluno?

«Il Veneto, come il Friuli, è sempre stato una regione molto vicina alle canzoni di Francesco. Abbiamo avuto innumerevoli sold out specie nella zona di Pordenone, Udine, Belluno. Tra l’altro, Francesco ha fatto il militare a Trieste: a Belluno sicuramente verrà a trovarci il suo ex comandante, rimasto sempre legato a lui e alle sue canzoni. Ricordo che una volta fu lui a organizzare un concerto con 5-6 mila persone in una cantina sociale di Casarsa per i suoi ragazzi militari».

Che canzoni potremo ascoltare domenica? Non deve essere semplice stilare una scaletta di due ore.

«In questo nuovo tour per metà abbiamo rinnovato il repertorio. Ci sono canzoni che da anni anche Francesco non cantava più: “Canzone di notte n.2”, “Farewell”, “L’ubriaco”, “Il frate”. Mantenendo sempre “La locomotiva”, “Incontro”, “Autogrill”. E in più c’è una riedizione de “L’ultima volta”, brano de “L’ultima Thule”, l’ultimo disco che abbiamo inciso con Francesco. Poi ci saranno delle richieste: sicuramente “Dio è morto”, “Per quando è tardi”, “Asia”. Almeno 18 canzoni le faremo».

Veniamo a voi “Musici” che, in modi e periodi diversi, avete accompagnato Guccini.

«Era il lontano 1967 quando ho conosciuto Francesco e abbiamo cominciato a lavorare assieme. Lui scriveva canzoni per i Nomadi, io ne arrangiavo i dischi. La nostra collaborazione è la più antica; dopo di me è arrivato Ellade Bandini, poi “Flaco” Biondini nei tardi anni ‘70, e negli anni ‘80 Antonio Marangolo. Aneddoti curiosi? Ho conosciuto Francesco senza barba. Ricorderò sempre quando arrivai a Modena la prima volta, un caldo pomeriggio di agosto: dall’altra parte del marciapiede della stazione c’era un ragazzone alto e allampanato. Ci presentiamo. Dovevamo andare dai Nomadi a Novellara. Serviva qualcuno con la macchina: ma nessuno dei due guidava. Ci siamo trovati in due isolati in quella stazione. Abbiamo chiamato un impresario e ci siamo fatti mandare un camioncino che ci ha caricati e portati a Novellara. La nostra conoscenza è avvenuta così: due “spatentati”, lui senza barba e io poco più che ventenne».

Che immagine volete restituire di Francesco, della sua poesia e della sua musica?

«L’immagine è quella di una poesia nata nel ‘68. Erano anni caldi, per le rivolte studentesche e per la politica in generale. Non solo italiana, ma anche americana. Siamo passati dal francese Georges Brassens, a cui si era ispirato De André nei primi anni ‘60, al Bob Dylan delle canzoni del treno, delle canzoni di protesta americane. E poi la guerra del Vietnam. C’era allora una grande paura per il futuro del pianeta: nascono così, da questi mille input, canzoni come “Il vecchio e il bambino”, “L’atomica cinese”, “Noi non ci saremo”. Oggi rapper e trapper spingono più a raccontare arrabbiature con la famiglia, con la ragazza, ma non sanno dove andare. La classica globalizzazione, ma senza capire perché e dove. E Guccini di questo deserto culturale ne risente. Allora noi continuiamo a fare concerti con le sue canzoni, che sono pure ritratti anche romantici di certi personaggi – come “L’ubriaco” o “Il pensionato” – o certe situazioni di vita».

Un invito per il pubblico di Belluno.

«Un invito prima di tutto a esserci, per capire di esistere ancora. E poi noi non usiamo elettronica, computer, nulla di tecnologico che si usa oggi. Il nostro è un concerto molto semplice, spartano, ma pieno di idee e concetti. E ci sono le canzoni di Francesco, che non hanno età».

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