Passo Giau, che sfida: sulle tracce del Giro insieme a Bruseghin

L’appuntamento settimanale con le foto dei lettori salta in sella e si fa accompagnare sul valico da un ex ciclista professionista

Su una cosa il passo Giau mette d’accordo tutti: le emozioni che è capace di regalare a chi gli si avvicina. Il mezzo sul quale si viaggia, però, rischia di cambiare, e non di poco, il tipo di sensazioni. Se auto e moto, infatti, consentono di arrivare rilassati all’appuntamento con lo stupore che attende chi transita per il Giau, in sella ad una bici la “grande bellezza” delle montagne è accompagnata da impegno, fatica, sudore. «Credo sia il passo più duro delle Dolomiti» spiega il ciclista Marzio Bruseghin, «secondo me è, in senso buono, uno spauracchio per tutti i ciclisti».

La rubrica Belluno Meraviglia questa settimana si ferma sul Giau, un valico amatissimo dai turisti e in particolar modo dai fotografi che trovano grande soddisfazione nel ritrarlo in ogni stagione dell’anno. Ma il Giau è famoso anche per un altro motivo: dal Giro d’Italia alla Maratona delle Dolomiti, senza contare gli innumerevoli ciclisti amatoriali che si cimentano con i suoi tornanti, il passo è teatro di appassionate gare sulle due ruote. E chi, se non un atleta, poteva raccontare le emozioni che nascono quando l’uomo sfida la montagna in sella ad una bici?



«Con il Giau ho un rapporto di amore e odio» spiega Bruseghin. Ex corridore professionista, ha macinato più di una volta i tornanti del passo che è stato scelto spesso come percorso del Giro d’Italia. «Lo amo per la sua bellezza» spiega il ciclista, «perché è una salita capace di dare emozioni. D’altra parte, però, personalmente su quel percorso ci ho rimesso un podio al Giro d’Italia. Era il 2007, in cima ho trovato pioggia mista neve e io come atleta ho sempre sofferto il freddo e la pioggia. Ero secondo in classifica, mancavano pochi giorni alla fine del Giro. Ma, un po’ a causa della sua durezza e un po’ a causa delle condizioni meteo, sono stato respinto dal Giau». L’anno dopo, però, il ciclista si è ripreso quel podio arrivando terzo.



Del tutto diverso il ricordo di un’ultramaratona in bici. «Quella volta il Giau si faceva dalla parte di Cortina» continua Bruseghin, «io sono arrivato in cima all’alba, sul Giau tutte le montagne si stavano colorando di rosa ed è stata un’emozione particolare, mi sono reso conto di quanto bello fosse dal punto di vista paesaggistico».

Sul versante sportivo è un passo «meno famoso» rispetto ad altri percorsi dolomitici ma «secondo me è il più duro» spiega l’atleta. «È vero che Marmolada e Lavaredo hanno pendenze più importanti ma tutto sommato lo trovo il più difficile. Ha due facce: da una parte quella di Cortina è meno impegnativa mentre il versante di Colle Santa Lucia è una salita di rara difficoltà. Inoltre dal punto di vista del paesaggio è incredibile: c’è una vista a 360 gradi sulle montagne circostanti».



Una perla “scoperta” solo in tempi recenti. «Dal punto di vista ciclistico è stato poco sfruttato fino al 2000» spiega l’atleta, «poi con la Maratona delle Dolomiti e con le tappe di Cortina è stato riscoperto ed apprezzato. Anche per i tifosi è un punto d’osservazione speciale: ha pochi alberi e la visuale è buona, dà quindi la possibilità di cogliere tutta la fatica della salita». Nonostante lo sgambetto del 2007, Bruseghin ha un sogno per il Giau: «sarebbe bellissimo vedere un arrivo di tappa sul passo, un traguardo importante dal punto di vista tecnico e indimenticabile per il paesaggio che è capace di offrire». —

Valentina Voi


 

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