The Leading Guy: «Un concerto speciale per la mia Belluno»

The Leading Guy è tra i dieci cantautori più interessanti della penisola «Bob Dylan il mio modello. Quando canto voglio fare felice chi mi ascolta»

PONTE NELLE ALPI. Cresce l’attesa per il ritorno a casa di The Leading Guy, nome d’arte di Simone Zampieri, il cantautore bellunese considerato dalla stampa di settore tra i dieci artisti più interessanti della scena musicale contemporanea in Italia, dopo il successo di critica e pubblico ottenuto per “Memorandum”, il suo album di debutto pubblicato alla fine del 2015 e inserito nella Top 50 dei migliori dischi pubblicati lo scorso anno.

Dopo più di due anni d’assenza e quasi 40 date tra Italia, Germania, Olanda e Belgio, The Leading Guy ritorna dunque a casa con un concerto davvero speciale: venerdì 6 maggio, alle 21, al Piccolo Teatro Pierobon di Paiane a Ponte Nelle Alpi (i biglietti sono ancora in vendita online su www.geticket.it e nei punti vendita Scoppio Spettacoli), proporrà il suo album in una veste inedita, accompagnato da Lucy Passante alla viola, Giovanna Rados al violino e Simone Lanzi al contrabbasso.

Simone, facciamo un salto indietro nel tempo…

«Il primo disco che mi colpì fu “Rimmel” di De Gregori. Da bambino lo ascoltavo continuamente senza nemmeno capire il significato dei testi. I primi tentativi di suonare la chitarra furono un disastro. Ero stonatissimo e privo di ogni senso ritmico. Ma volevo esprimermi a tutti i costi e col passare del tempo le cose sono migliorate».

Ha dei modelli? A chi si ispira?

« Il mio modo di esprimermi è sempre stato il più personale possibile ma Bob Dylan ha cambiato il mio modo di percepire ma musica. Ancora oggi, sebbene mi sia allontanato molto dagli ascolti di qualche anno fa, mi scopro a cercare una sorta di approvazione da parte sua. Mi chiedo sempre se apprezzerebbe quello che sto facendo. È un’ispirazione morale e di coerenza più che una questione musicale».

Una delle sue canzoni più cliccate in rete è "Behind the Yellow Field" che parla anche delle sue origini bellunesi. Qual è quel “yellow field” e cosa le evoca?

«Sono molti i prati in cui ho corso nel Bellunese, ma quello di cui parla la canzone è il più importante, il primo della mia infanzia. Nella mia mente rimane un luogo di pura libertà. Tutto doveva ancora succedere. Non è una canzone nostalgica, ma una presa di consapevolezza. Tutti prima o poi dobbiamo crescere».

È andato via presto da Belluno. Ha viaggiato tanto all'estero, quanto sono state importanti queste esperienze nella sua formazione umana e artistica?

«La scelta di muovermi è dettata da una profonda inquietudine. Si impara molto dalle persone che si incontrano viaggiando e si possono capire meglio quelle in pianta stabile nella nostra vita. Personalmente credo che l'unica maniera per giudicare qualcuno sia incontrarlo, discutere, confrontarsi. Essere ospiti "altrove" può aiutarci a diventare dei padroni di casa migliori».

Come mai il 6 maggio non si esibisce da solo come sempre?

«Sentivo il bisogno di mettermi in gioco. Volevo dare a Memorandum un altro punto di vista, che non fosse solo mio, ma volevo soprattutto chiudere il tour invernale con qualcosa che non avevo mai fatto prima. Un avvenimento unico. Ho scelto Belluno perché è speciale, considerando che è proprio da lì che sono partito».

Negli ultimi mesi ha aperto i concerti di grandi artisti internazionali e fatto un tour di 30 date: si sta sentendo davvero un musicista? Quali obiettivi si pone?

«Se sono arrivato sino a qui è perché mi sono sempre sentito un musicista. Anzi le dirò che nei momenti più difficili lo sentivo ancora più fortemente. Voglio continuare a migliorare cercando di far felice chi mi ascolta».

Memorandum ha iniziato a prendere forma quasi due anni fa, quali sono le prossime mosse?

«Ci saranno alcune date estive in Italia, poi mi concentrerò sul nuovo disco e in autunno partirò per un bel tour all’estero».

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«Dopo molto tempo riporto tutte le mie esperienze a casa. Vediamoci».

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