Tre scultori all’opera: prendono forma le Dolomiti in miniatura

Un progetto triennale, le opere saranno posizionate sul sentiero che da Celat porta fino al confine con Vallada

SAN TOMASO. Sono sorte dal mare, hanno stimolato leggende, emozionano tutte le volte che il sole le colora di rosa. Le Dolomiti potevano anche rigenerarsi dalla loro stessa materia? «Dobbiamo togliere Dolomia per poi farla riapparire», dice infatti Susanne Paucker, spiegando quello che, con Mauro Lampo Olivotto e Franco Daga, sta facendo agli impianti sportivi di San Tomaso. Da tre blocchi di Dolomia del Serla stanno concretizzando l’idea delle “Dolomiti Unesco in miniatura”, firmata da Giuliano Vantaggi della Fondazione Unesco e da Moreno De Val, sindaco di San Tomaso. Un’idea che prevede di scolpire in tre anni i nove sistemi montuosi che nel 2009 sono stati nominati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco e di posizionarli lungo la strada silvo-pastorale che da Celat di San Tomaso porta a Forcella San Tomaso. «Qui arrivano le famiglie con i bambini», dice Giuliano Vantaggi, «e l’ipotesi di far sì che anche i bambini conoscano da subito e da vicino le Dolomiti ci è piaciuta».

Per riuscire nell’intento, Vantaggi e De Val hanno chiesto aiuto a un artista innamorato delle Dolomiti: Mauro Lampo Olivotto. Questi ha contattato due colleghi di rilievo internazionale: la tedesca Susanne Paucker e l’italo-australiano Franco Daga. Da lunedì sono al lavoro. Finiranno sabato. Le opere resteranno in esposizione agli impianti sportivi, poi, in autunno, posizionate lungo il sentiero con tabelle esplicative che si avvarranno della competenza della Sezione agordina del Cai prossima a festeggiare nel 2018 i 150 anni di storia.



«È una sfida nuova», dicono Susanne e Franco mentre tolgono pezzi di Dolomia con martelli pneumatici, dischi abrasivi, flessibili, scalpelli e mazzuoli, «abbiamo lavorato con tanti materiali, legno, sabbia, pietra, ma mai con la Dolomia». «A Carrara scolpisco soprattutto il marmo», aggiunge Susanne, «pensavo la Dolomia fosse più “scheggiosa”, invece è bella compatta». «Se i veneziani l’avessero capito», completa Franco, «con questa ci avrebbero fatto tutta Venezia».

Quando la polvere agitata dagli strumenti si posa, le tre montagne si mostrano nelle loro forme, anche se ancora non sono definitive. E forse mai lo saranno. Dipenderà dall’occhio che le guarderà. «Era un esperimento da fare», spiega Daga, «cerchiamo sempre spunti nuovi e questo mi è piaciuto particolarmente. Però riprodurre una montagna è molto più difficile che riprodurre una Venere. Penso che qualcuno non riconoscerà il Civetta che sto facendo, poiché lo sto personalizzando. Ce l’ho qui in alto e ho dieci immagini prese da dieci angolature diverse. Devo provare ad amalgamarle, per far uscire la mia».

Susanne, invece, sta cercando di tradurre le emozioni che ha provato la prima volta che ha ammirato le Tre Cime. «Sono della Germania dell’Est e quando, dopo la caduta del Muro, sono venuta qui, le prime che ho visto sono state le Tre Cime. Ora le sto modellando con il martello. Dopo averle sgrossate, devo curare i dettagli, far emergere le fessure. Non è facile, ma bello».

«Il Pelmo è la mia montagna dei sogni», conclude Mauro Lampo, «ho fatto tutte le vie, l’ho sceso con gli sci e con il parapendio e lì ho ambientato le vicende dei Giauli. Qui voglio creare un Pelmo con i miei occhi, con le grotte dei Giauli da cui si vede la Val Boite, con un dinosauro che ricordi la scoperta delle impronte».

Nel vedere i pezzi di Dolomia che saltano via, il sindaco di San Tomaso, Moreno De Val, scorge pezzi di mosaico che si compongono. «Tassello dopo tassello ci stiamo ritagliando una nicchia turistica in mezzo a due centri come Falcade e Alleghe. Qui la gente viene per la tranquillità, per riossigenare la mente, lo spirito e il sangue. Non lavoriamo per San Tomaso, ma per l’Agordino. Il turismo deve essere un grande cappello sotto cui ci sta tutto e ci stiamo tutti».
 

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