Le lacrime, il dolore e i ricordi per l’addio a Marco morto a 18 anni sciando sullo Zoncolan

Tanti i messaggi durante la cerimonia funebre a Tolmezzo. Il saluto di un’amica: «Hai varcato la linea del traguardo troppo in fretta». Il messaggio delle zie: «Eri un giovane uomo pronto alla vita»

Timothy Dissegna

È la famiglia del ghiaccio, della neve e della montagna quella che sabato mattina si è stretta attorno a Marco Degli Uomini, riunitasi dentro e fuori dalla casa funeraria Piazza di Tolmezzo. Centinaia di parenti, amici, sportivi che hanno voluto dare l’ultimo saluto al diciottenne tragicamente scomparso domenica scorsa in ospedale dopo una caduta sugli sci nel polo dello Zoncolan.

Tanto il dolore durante la cerimonia, celebrata con rito civile, mentre tutti si sono stretti nel ricordo di un ragazzo pieno di vita, come testimoniato dalle tante foto proiettate sul fondo della stanza. A poca distanza, un grande cartellone (dedicato a “Marchetto”, com’era soprannominato) ricco di altrettanti scatti e il simbolo dell’infinito al posto della data di morte.

Partecipi alla cerimonia anche gli operatori del sistema d’emergenza di Veneto e Friuli, così come numerose realtà sportive a cavallo delle due regioni.

Le lacrime e il lancio di palloncini: l'addio a Marco, morto sciando sullo Zoncolan

Il lutto di tre comunità

Tre comunità – quelle di Tolmezzo, Resia e Pontebba – quelle che si sono fermate, insieme al mondo dello sport invernale. I volti segnati dalle lacrime raccontavano il vuoto piombato nelle loro vite. Un fiume di affetto è quello che ha attraversato la sala dov’era raccolto il feretro, abbracciando i genitori Cristina e Angelo e tutti i cari più stretti. E proprio dalla famiglia sono arrivate le prime parole del lungo addio (officiato dal celebrante laico Luigi Sibau e curato da Stefania Marcoccio), affidate alle zie Lilli, Vir e Patty. Tutte loro lo ricordano come «un giovane uomo, pronto a saltare nella vita vera», ma quell’ultimo balzo fatto in pista alla fine l’ha portato via.

La scuola

Tanti i ragazzi accorsi, in particolare i suoi compagni di scuola. Molti di loro indossavano una maglietta arancione con la foto di lui con gli sci addosso sulla neve, il luogo dove più di tutti amava stare. La stessa che è stata posta sulla bara, accanto alla foto di Marco, al suo casco della moto e ai tanti fiori. A nome dell’Istituto Fermo-Solari, c’erano la preside Manuela Mecchia e il professore Andrea Scolari, che hanno donato un ritratto di un giovane «di incredibile passione e buona volontà», guidato da quella «dedizione che ti dava disciplina e organizzazione».

Lo sport

Una vita, spezzata da un destino crudele, votata allo sport e ai rapporti umani nati dalle diverse esperienze vissute. Come quella sui pattini iniziata fin da bambino: «Eri un ragazzino che ogni coach avrebbe voluto allenare» l’ha ricordato Walter Bonatti dello Skating club di Pontebba, seguito da Alice Badini della Libertas tolmezzina, che lo ha guidato per prima sulle rotelle.

Il sogno più grande, ora, era poter insegnare agli altri come affrontare le piste: «Attraverso il titolo di maestro di sci – così Luigi Borgo, presidente del Collegio Veneto e nazionale della categoria – voleva realizzare parte di sé stesso». In questi giorni avrebbe dovuto iniziare il corso e la federazione ha consegnato postuma alla famiglia giacca e spilla, con il numero 3449. Il suo nome rimarrà così per sempre in quella lista.

Rivolgendosi ai colleghi, Borgo li ha esortati a «essere degni di come Marco ci vedeva». A Tolmezzo, peraltro, c’erano i vertici della Federazione italiana sport invernali (Fisi) regionale e nazionale, con il vicepresidente Stefano Longo.

Le passioni

«Insegna agli angeli a fare quattro belle curve» è stato il saluto di Nicola Rotaris, suo maestro allo sci club Monte Dauda. Lui, insieme all’amico Rudy Di Lena e al vicepresidente Manuel Mentil, hanno raccontato di una persona brillante, nello sport ma ancor di più a livello umano.

Parole sommerse dall’emozione, che hanno trovato eco in tutti coloro che si sono alternati davanti alla folla, indipendentemente da chi le esprimesse: un amico, un collega sportivo, un insegnante o un esponente delle istituzioni.

C’è chi ha ricordato quella passione per la cucina nata grazie alla nonna Adele, o per i giri in moto tra le montagne che l’hanno visto crescere. Così come per gli elicotteri, che conosceva in ogni loro particolare e che guardava affascinato, mentre passavano in cielo. Amori che viveva sempre con il sorriso, pronto a dare una mano a ognuno. «Hai regalato del tempo prezioso a tutti coloro che ti hanno conosciuto» ha detto la sindaca di Resia, Anna Micelli.

L’addio

Prima che la bara lasciasse la casa funeraria, è stato il rombo delle moto e delle auto degli amici accese a riempire il cielo, già carico di pioggia.

E in quello specchio grigio, dove anche i monti sparivano tra la nebbia, sono poi volati 18 palloncini bianchi e uno rosso. «Hai varcato la linea del traguardo troppo in fretta» è stato il commiato di un’amica, stoppando nel modo più drammatico il cronometro della vita.

Ora rimane «il soffio di mille venti, lo scintillio di diamante sulla neve», come recitano i versi degli indiani Navajo scelti per l’ultimo saluto. 

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