Prescrizione e poche prove: archiviata la maxi inchiesta sul cartello degli appalti a Nord Est

Nel mirino della Procura c’erano decine di cantieri e 195 persone: il gip chiude il caso. Contestati turbativa d’asta, appropriazione indebita e inquinamento ambientale. 

Alessandro Cesare
Nel mirino anche uno degli appalti per il tratto San Donà di Piave-Alvisopoli per la terza corsia dell'A4
Nel mirino anche uno degli appalti per il tratto San Donà di Piave-Alvisopoli per la terza corsia dell'A4

Finisce con l’archiviazione della posizione dei 195 indagati la maxi-inchiesta ribattezzata “Grande Tagliamento”.

Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Gorizia, Fabrizia De Vincenzi, accogliendo la richiesta del pubblico ministero che ha ereditato la titolarità del fascicolo, Giulia Capella.

Nel mirino della Guardia di Finanza del capoluogo isontino erano finiti i più importanti cantieri aperti a Nord Est tra il 2015 e il 2018, a cominciare da quello per la realizzazione della terza corsia lungo la A4.

Un’indagine articolata che nelle sue fasi iniziali (le prime perquisizioni risalgono al 2017, con quasi 600 uomini delle fiamme gialle impegnati) aveva coinvolto complessivamente 120 società e 220 soggetti operanti in quattordici regioni, mettendo sotto la lente quasi 150 appalti.

Tra i reati ipotizzati l’appropriazione indebita, la turbativa d’asta, l’inquinamento ambientale, l’associazione di tipo mafioso.

Le prescrizioni

La Procura di Gorizia aveva immaginato un meccanismo illecito per spartirsi gli affari tra Friuli Venezia Giulia e Veneto, anche tramite l’utilizzo di materiali non conformi, per la realizzazione di strade, autostrade, ponti, viadotti, cavalcavia, sottopassi, gallerie, piste aeroportuali, edifici, opere fluviali e di sistemazione idraulica, acquedotti, gasdotti, opere marittime e lavori di dragaggio, impianti di bonifica e protezione ambientale per un valore complessivo di oltre un miliardo di euro.

Per quanto riguarda i reati di appropriazione indebita e turbativa d’asta, il gip ha ritenuto di archiviare, essendo decorso il termine di sei anni per la loro prescrizione.

Eccellenti i nomi di alcuni degli indagati: Marco De Eccher (uscito dall’inchiesta con un’archiviazione nel 2022), Enrico Razzini (deceduto nel 2021), Paolo Pizzarotti, Mario Scarsini.

L’insussistenza di prove

Per quanto riguarda il reato di inquinamento ambientale, ascrivibile a irregolarità nei prelievi di ghiaie nei fiumi, gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari, come emerge dal decreto di archiviazione (documento che riguarda 195 indagati), «non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca».

I difensori dei coinvolti: «Indagini lunghissime, costruito un teorema senza trovare riscontri»

Nello specifico, nel provvedimento di archiviazione datato 12 dicembre, si evidenzia che, per il reato di inquinamento ambientale, «non constano atti di indagine tali per cui possa ritenersi acclarata un’alterazione, significativa e misurabile, dell’ecosistema, ovvero che l’offesa avesse raggiunto il livello di “significatività” richiesto dalla fattispecie incriminatrice».

Infine, rispetto al reato di associazione di tipo mafioso, il gip De Vincenzi ha rilevato che vi è «un’insussistenza di elementi sufficienti a fondare un giudizio di condanna nei confronti degli indagati».

L’indagine

Le imprese coinvolte, stando alla tesi della Procura, si accordavano sui contenuti economici delle offerte da presentare alle stazioni appaltanti per spartirsi i lavori e, con questo scambio di informazioni, riuscivano a pilotare le aggiudicazioni.

Lo scambio di informazioni riguardava le intenzioni di partecipare o meno a una gara piuttosto che a un’altra o a un lotto piuttosto che a un altro nell’ambito delle medesime gare.

Ma erano relative anche all’entità e ai contenuti delle offerte da formulare in modo da permettere, di volta in volta, all’impresa individuata, facente parte della “cordata di riferimento”, di aggiudicarsi l’appalto a condizioni favorevoli.

Un’inchiesta che per larga parte si era appoggiata sulle intercettazioni telefoniche tra alcuni dei suoi protagonisti, oltre che sugli approfondimenti effettuati sulla documentazione relativa alle gare pubbliche.

A dare il via alle indagini erano stati alcuni controlli rispetto all’intervento di riqualificazione di corso Italia a Gorizia. L’attività si era però presto allargata a macchia d’olio. Prima a livello regionale, poi a livello nazionale, con l’evidenza di un presunto meccanismo di accordi diffuso tra aziende per dividersi gli appalti.

L’operazione era quindi stata quindi ribattezza “Grande Tagliamento” per rimarcare come la spartizione dei lavori pubblici avvenisse tanto a destra, quanto a sinistra del fiume che divide Fvg e Veneto.

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