Topolino parla veneziano e insegna a tutti il dialetto

Il numero in edicola mercoledì 2 aprile mette in scena un racconto tradotto. Il direttore Bertani: «Con noi si impara a leggere ma anche a guardare il mondo»

 

Giacomo Costa
Una delle tavole di Topolino in veneziano
Una delle tavole di Topolino in veneziano

«Signore tòme!», sospira Clarabella davanti ai banditi. Poco prima, per scampare ai delinquenti, Pippo si è lanciato dalla finestra cavalcando un divano a rotelle, stupendosi per primo di un atterraggio «gnanca mal».

Le vacanze a punta Peocio di Topolino e compagni, a caccia degli inediti della romanziera Gigia Meneghea, hanno il sapore di una commedia teatrale, eppure il dialetto veneziano che parlano tutti i personaggi non è quello di Carlo Goldoni ma quello che si sente davvero tra le calli e i campielli, oggi.

«Abbiamo fatto le cose nello stile di Topolino: cominciando con un passo indietro e affidandoci agli esperti, per essere il più precisi possibile», spiega il direttore del settimanale, Alex Bertani, «Nelle nostre pagine tanti imparano a leggere, a me piace pensare che però si impari anche a conoscere il mondo che c’è fuori dal fumetto».

Alex Bertani
Alex Bertani

Il veneziano è uno dei quattro dialetti scelti per la storia del numero in uscita mercoledì, come è nata questa idea?

«Si tratta del secondo numero con una storia del genere: stavolta tocca al veneziano, al torinese, al barese e al romanesco, a gennaio - nella giornata nazionale dei dialetti - era toccato a napoletano, catanese, milanese e fiorentino. Quando ne abbiamo cominciato a discutere in redazione, mesi fa, c’era un certo scetticismo. Invece poi abbiamo registrato un successo strepitoso: siamo stati costretti a ristampe d’emergenza, due mesi fa, e ora il numero 3619 uscirà a tiratura aumentata».

La copertina di Topolino, in edicola da mercoledì  (courtesy Disney Italia)
La copertina di Topolino, in edicola da mercoledì  (courtesy Disney Italia)

Ma come si realizza una storia da tradurre in quattro dialetti diversi?

«E in italiano, anche, per tutti gli altri territori! Non è una sfida banale, neanche dal punto di vista distributivo (e per questo quattro è il nostro limite). Abbiamo dovuto ragionare sul tipo di vicenda da mettere in scena, abbiamo deciso che doveva essere soprattutto una storia divertente, un po’ per favorire i giochi di parole dei dialetti, quell’atmosfera più familiare, ma anche per andare incontro ai tanti vecchi lettori che potranno scegliere di comprare di nuovo Topolino per l’occasione: oggi nel giornale si trovano tanti tipi di storie, ma credo che nel cuore di tutti, specialmente dei più cresciuti, sia rimasto soprattutto il genere di racconti che fanno sorridere».

E come avete fatto per il veneziano?

«Topolino e Venezia hanno un rapporto strettissimo: la città è evocativa già di per sé, lo abbiamo visto anche nei numeri scorsi, con la storia di Carnevale, in più tantissimi autori Disney vengono proprio dalla laguna. Ci tenevamo, insomma, a rispondere alle richieste di chi voleva anche questo dialetto sulle nostre pagine. Ci siamo rivolti al mondo accademico, al professor Enrico Castro coordinato dal professor Riccardo Regis, docente di linguistica italiana dell’università degli studi di Torino. E, dopo la storia, nelle pagine seguenti si potrà leggere un approfondimento speciale, come nella migliore tradizione educativa del nostro settimanale».

Il prossimo passo?

«Per quanto riguarda i nostri lettori lagunari, è bene che restino sulle nostre pagine: prossimamente avremo un lavoro importante organizzato con il maestro veneziano Giorgio Cavazzano. E per quanto riguarda i dialetti, invece, spero di poter vedere su Topolino pure il mio! Abbiamo richieste da tutta Italia, dalle pro loco fino ai Comuni, passando per i semplici entusiasti che si propongono per gli adattamenti, ma io che sono emiliano non ho ancora avuto la mia storia!». —

 

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