A sei anni dalla tempesta Vaia, riaprono i Serrai di Sottoguda

Uno dei luoghi iconici delle Dolomiti Bellunesi, nel comune di Rocca Pietore. Saranno percorribili fino al 15 agosto in maniera “assistita”: i lavori non sono ancora ultimati

Il 29 ottobre 2018 la tempesta Vaia si abbatté sul Triveneto, abbattendo milioni di alberi e devastando intere zone delle province di Belluno e Trento.

Oggi, 31 luglio, a poco meno di 6 anni dal devastante evento i Serrai di Sottoguda, uno dei luoghi iconici delle Dolomiti Bellunesi, situati nel comune di Rocca Pietore, tornano agibili.

Dopo la cerimonia d''inaugurazione, a partire dal primo agosto, sino al 15 settembre, i Serrai saranno nuovamente percorribili, anche se in modalità "assistita", in quanto i lavori di ripristino non sono stati ancora completati. L'iniziativa è stata denominata "Cantiere Aperto".

Serrai di Sottoguda, Zaia: "Un'opera simbolo, felice di vedere tanti cittadini"

«Non si tratterà di visite guidate - spiega il sindaco di Rocca Pietore, Valerio Davare -, bensì di visite "accompagnate" che si svolgeranno ogni due ore e saranno aperte a gruppi composti al massimo da 30 persone ciascuno. I turni previsti saranno quattro: dunque i Serrai, in questa prima fase, saranno visitabili da 120 persone al giorno e la presenza di accompagnatori servirà a far sì che tutti rispettino le norme di sicurezza, non essendo ancora completati i lavori e gli orari stabiliti. Si tratta di un primo passo verso la riapertura "totale", che avverrà entro l'estate prossima e le cui modalità saranno comunicate successivamente. Siamo ovviamente felicissimi, perché i Serrai di Sottoguda sono conosciuti in tutto il mondo e permetteranno di riaprire le porte al turismo internazionale. Prima di Vaia le presenze avevano toccato quota 100mila».

I lavori saranno ultimati in tempo utile per la prossima stagione turistica, anche se il percorso, di circa 2 chilometri, che dalla frazione di Sottoguda porta sino a Malga Ciapela è stato quasi interamente sistemato.

«Era stata una grande devastazione» ha detto il presidente Luca Zaia all'inaugurazione, «centomila ettari di bosco a terra, corsi d'acqua devastati, frane, tralicci accartocciati. L'abbiamo indicata da subito come opera simbolo, e ora ridoniamo due chilometri di grand canyon, con il torrente Pettorina e le cascate, a tutta la comunità internazionale».

Il recupero del percorso naturalistico, per il quale sono stati investiti 13 milioni di euro, è frutto di un imponente lavoro di recupero voluto dalla Regione Veneto, e realizzato da Veneto Acque nell'ambito della gestione commissariale post Vaia.

«Sono sempre felice quando vedo tanti cittadini alle inaugurazioni - ha aggiunto Zaia commentando la grande partecipazione di pubblico all'evento - perché sono fatte con i soldi delle loro tasse ed è giusto che siano protagonisti».

«Oggi chiudiamo un cerchio», dice il presidente della Provincia Roberto Padrin, «E non solo in maniera simbolica. Perché lo sappiamo tutti: i Serrai erano diventati uno dei simboli della distruzione della tempesta Vaia; un canyon di rara bellezza cancellato in pochi istanti dalla furia dell’acqua. Ma oggi archiviamo il disastro e guardiamo al futuro con un simbolo di ricostruzione. Una ricostruzione concreta, vera, efficace, che ha ridato vita a un sito di grande pregio e di valenza ambientale e turistica. I Serrai di Sottoguda ci ricordano quello che è successo. La tempesta di quel fine ottobre 2018, la strage di alberi, scuole e fabbriche fatte chiudere per salvare vite umane - ed era la prima volta che succedeva una cosa del genere nel nostro territorio. Le difficoltà dei giorni seguenti, con case senza acqua, luce e telefono. Ma anche l’immenso lavoro fatto dalla struttura commissariale - e guardo il governatore del Veneto Luca Zaia - lavoro fatto da tutti i soggetti attuatori per ricostruire, pezzetto dopo pezzetto, il nostro territorio».

Dopo sei anni le ferite non sono cancellate del tutto, «ma è bene che sia così - dice ancora Padrin - perché servono a ricordarci la fragilità della montagna, la delicatezza di questi luoghi e insieme anche la grande forza di dignità delle nostre popolazioni, che vivono in territori difficili, dove niente è scontato e dove tutto o quasi si guadagna con sudore e sacrificio. Le ferite, dicevo, non sono cancellate, ma possiamo vedere un territorio rinato, ricostruito. Un territorio che ha saputo rialzarsi. E quindi si chiude il cerchio anche perché oggi possiamo celebrare la forza delle Dolomiti bellunesi e delle popolazioni che le abitano».

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