Sentenza processo tamponi rapidi, Crisanti: «Quell’esposto fatto come uomo di scienza»

Il docente padovano dopo il proscioglimento di Rigoli e Simionato. Era stata la sua segnalazione a far partire l'inchiesta: «Per me quei tamponi non erano adatti»

Enrico Ferro
Andrea Crisanti
Andrea Crisanti

«Ho agito in coscienza, da uomo di scienza. Secondo me quei tamponi non erano adatti per uno screening e com’è nel mio diritto ho fatto un esposto contro anonimi».

Andrea Crisanti, lo scienziato giunto dall’Imperial college di Londra e ora senatore del Partito Democratico, risponde a tutti coloro che hanno reagito alla sentenza a carico di Roberto Rigoli e Patrizia Simionato dandogli contro, accusandolo di essere stato colui che ha avviato un’indagine conclusa poi con una assoluzione in formula piena.

«La magistratura ha indagato e ha ritenuto di arrivare a questa conclusione», continua Crisanti, «Io non commento le sentenze, però mi limito a far presente che, pur essendo inserito nella lista dei testi, non sono mai stato chiamato a testimoniare. Penso che a Rigoli e alla Simionato sia andata bene così».

Anche dopo cinque anni continua quindi il testa a testa tra l’uomo chiamato a Padova per dirigere le microbiologie del Veneto e il presidente Luca Zaia con tutto il suo staff.

L’assoluzione di Rigoli e Simionato ha infatti riacceso le polemiche che erano scoppiate in quella stagione, quando all’acme della contesa tra Crisanti e Zaia, il professore fu poi rimosso dal suo ruolo e sostituito proprio con Rigoli.

C’è chi, al suo esposto, diede una interpretazione più vicina alla vendetta che al rigore scientifico. Ma, ancora oggi, Crisanti smentisce categoricamente questa tesi: «Io ero concentrato unicamente sulla lotta alla pandemia».

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