Dei Tos, preside della Scuola di Medicina di Padova: «Il numero chiuso non è stato abolito»

Il preside: «E’ stato eliminato il test d’ingresso, ma la selezione è stata spostata. Attendiamo di conoscere i dettagli. I problemi di personale si risolveranno nel giro di 5-6 anni»

Laura Berlinghieri
Il professor Angelo Dei Tos, direttore dei Servizi di Diagnostica Integrata
Il professor Angelo Dei Tos, direttore dei Servizi di Diagnostica Integrata

​«Non viene abolito il numero chiuso, ma cambiano le regole di ammissione. Non si agisce sulla quantità degli ammessi, quanto, casomai, sulla qualità: anche se questo è tutto da vedere».

Così Angelo Paolo Dei Tos, preside della Scuola di Medicina e Chirurgia a Padova, a proposito della riforma licenziata ieri anche dal secondo ramo del Parlamento. Presentata come lo strumento che salverà la nostra sanità, in profonda crisi di personale; ma che, stando alle sue parole, non è altro che un pannicello caldo. Uno strumento, come un altro per cambiare le regole d’ingaggio, anche se poi, nella sostanza, non cambierà nulla, o quasi. Anche se poi, fondamentalmente, il numero degli iscritti a Medicina rimarrà lo stesso.

«Viene abolito il test di ingresso, ma non la selezione tout court, che semplicemente viene spostata al termine del semestre, subordinata al buon posizionamento in graduatoria, sulla base dei voti ottenuti in tre esami di scienze di base, che presumo saranno Chimica, Fisica e Biologia» spiega Dei Tos, «È vero che i test del passato talvolta si componevano di quesiti non necessari. Ma, se il tema è individuare i migliori candidati per una professione medica, non sono certo che la valutazione in discipline come la fisica o la chimica possa effettivamente identificare il candidato ideale per questa professione».

Peraltro, l’assioma di partenza non è mai consistito tanto nella necessità di individuare i migliori potenziali medici, quanto nella volontà di aprire le porte del corso di studi a un numero maggiore di candidati, per infoltire organici altrimenti numericamente inadeguati.

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Ma nemmeno questo è un postulato, per tanti medici, convinti che la vera piaga della medicina di oggi consista nell’eccessivo carico di burocrazia, più che nell’inadeguatezza del personale.

«In ogni caso, negli ultimi due anni, i posti per la facoltà di Medicina sono stati incrementati del 28%. E questo ci proietta verso un numero di medici assolutamente sufficiente, nell’arco dei prossimi cinque o sei anni. Significa che gli studenti che si immatricoleranno l’anno prossimo si laureeranno nel 2032, quando la situazione di mercato sarà completamente calmierata» dice Dei Tos. E allora, stando a questo ragionamento, verrebbero meno anche le istanze di quanti chiedono l’apertura totale delle iscrizioni per Medicina, per rispondere alla paventata mancanza di personale: si stima che in Veneto manchino 3 mila medici, da aggiungersi agli infermieri, anche questi numericamente insufficienti.

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Le ipotesi, negli anni, si sono sprecate; le proposte, i tentativi di dare risposta a ogni istanza. «Ma io sono preside della Scuola di Medicina, non un legislatore. E a me non spetta fare le leggi, mi spetta applicarle» fa presente Dei Tos, «Il risultato che commentiamo oggi è l’esito che è stato ritenuto migliore, a seguito di un’interlocuzione tra le parti. Ma quello che mi preme dire è che non è stato abolito il numero chiuso per Medicina».

E però, dall’ottobre prossimo, chiunque vorrà iniziare a studiare Medicina avrà il diritto di iscriversi, iniziare a frequentare i corsi, sostenere i primi esami. «E infatti rischiano di esserci problemi legati agli spazi, ai docenti, alle modalità di erogazione dei corsi» dice Dei Tos.

Questioni che dovrebbero essere affrontate già mercoledì 12 marzo, alle 17, quando i presidi delle Scuole di Medicina di tutta Italia si incontreranno su Zoom, per una conferenza chiarificatrice. Che potrà esserlo fino a un certo punto, però, perché per sapere come la nuova norma si adatterà esattamente alla quotidianità delle nostre Università sarà necessario attendere i decreti attuativi. E allora docenti e studenti restano alla finestra. In attesa di capire come sarà davvero la facoltà di Medicina di domani. —

 

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