Sulle Dolomiti neve in quota troppo instabile: «Pericolo valanghe continuo»
De Gol (Soccorso alpino) segnala la presenza ovunque di strati deboli persistenti.
«Anche con il sovraccarico di un solo sciatore possono innestarsi le slavine»

«Il pericolo di valanghe continuerà», avverte l’agenzia Arpav. «L’inverno è stato abbastanza avaro di precipitazioni che hanno portato alla continua formazione di strati deboli interni che ci porteremo fino a fine stagione e pertanto, il consiglio principale è quello di agire con prudenza.
Con l’aumento delle temperature si raccomanda anche la tempistica per possibili distacchi di neve umida a partire dalla tarda mattinata».
Spessori e copertura nevosa continuano ad essere scarsi. Sui pendii in ombra in quota la neve è fredda e invernale mentre sui siti soleggiati, nel corso della giornata, lo strato superficiale diventa umido e a debole coesione per poi rigelare con formazione di croste.
«Quindi», segnala l’Arpav, anzi ammonisce, «le situazioni più critiche per distacchi provocati, localmente anche con debole sovraccarico, sono i ripidi pendii in ombra, zone di cresta e uscite dai canali per la presenza di lastroni superficiali soffici che poggiano su strati fragili. I pendii da valutare con spirito critico sono in particolare quelli da Est a Ovest passando per il Nord che non hanno scaricato a seguito della nevicata della scorsa settimana, ma fare attenzione anche al passaggio da poca a tanta neve».
Dimitri De Gol è vice delegato interprovinciale del Soccorso alpino, tecnico di elicottero, consulente del tribunale. Non si è mai perduto un corso Aineva, fino ai livelli massimi; è reduce dal recente vertice formativo a Davos.
«Da che cosa dobbiamo stare attenti, rispetto al rischio valanghe? Dai cosiddetti “strati deboli persistenti”, così chiamati», spiega, «perché sono fatti dalle brine di profondità o cristalli a calice, che si formano quando c’è un’elevata differenza di temperatura negativa su un manto che è di poco spessore. Ecco perché gli inverni con poca neve sono molto pericolosi: alla base ci sarà sempre nei versanti nord uno strato debole, perché la temperatura in quota va sempre almeno a meno 10, ma se abbiamo 20-30 cm di neve, c’è un gradiente elevato che vuol dire “metamorfismo costruttivo”.
Vuol dire che l’umidità che c’è nell’interfaccia neve-suolo sale verso l’alto. In queste condizioni diciamo “invernali”, i cristalli restano lì e quando il vento porta nuova neve o quando passa uno scialpinista, vengono sovraccaricati. Se noi riusciamo a rompere lo strato che c’è sopra e andiamo a sollecitare lo “strato debole persistente”, ecco che inneschiamo la valanga».
In queste condizioni anche De Gol ritiene che chi va in escursione scialpinistica deve rientrare prima di mezzogiorno.
Oggi c’è un pericolo moderato 2 su tutte le esposizioni, perché da ovest a est, passando per il nord, c’è il problema degli strati deboli persistenti, mentre a sud, sui pendii soleggiati, a partire dalla tarda mattinata, sono possibili distacchi spontanei di neve umida.
Più ripido è il pendio, più il raggio solare incide sulla neve perpendicolarmente e quindi ha più effetto, scalda le rocce alla base dei pendii e distacca le valanghe perché queste si imbombano di acqua, perdono i legami tra un cristallo e l’altro e si staccano.
Questo fa sì che quando si sale a sud bisogna partire molto presto e tornare prima di mezzogiorno o, se è caldo, prima delle 10:30-11. «A nord il distacco che è avvenuto sabato a Cibiana, alle 10 di mattina, poteva avvenire alle 8 come alle 14, perché quella è una bomba ad orologeria che è innescata ma aspetta solo il sovraccarico».
Da attenzionare, come avverte Arpav, i pendii oltre il limite del bosco, esposti da est a ovest, passando per il nord. «Perché questi – spiega De Gol - sono i pendii freddi che praticamente hanno subito quello che si chiama “metamorfismo costruttivo” che si attiva quando c’è un alto gradiente di temperatura nel mando. Vuol dire poca neve al suolo, tanto freddo in superficie. Considerato che nell’interfaccia neve-suolo la temperatura è sempre di 0 gradi. Se noi andiamo in superficie sulla neve, più freddo è e meno spesso è il manto nevoso, più abbiamo gradiente, cioè più cambia ogni centimetro la temperatura».
Quindi? Massima attenzione agli “strati deboli persistenti” perchè anche con il sovraccarico di un solo sciatore possono essere innestati e dare luogo ad una valanga.
«Questi strati – ammette il vice delegato provinciale - sono di difficile interpretazione, perché la situazione può cambiare nell’arco di poche decine di metri: per l’effetto del vento e dello spessore del manto. Quindi in condizioni come quelle di grado 2 moderato, che è un pericolo medio su tutto l’arco dolomitico, su tutte le esposizioni e a tutte le quote, questi casi sono come un campo minato. Quando uno ha la sfortuna di mettere piede sopra la lamina innescata, succede quello che è successo sabato». —
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