Morta dopo l’intervento estetico al seno, un farmaco dietro al decesso

L’ipotesi investigativa che si fa largo è che sia stato somministrato alla 50enne Helen Comin, di Cittadella, un medicinale che ne avrebbe provocato il coma. La donna era stata operata alla clinica privata DiViClinic di Castelfranco, ci sono due indagati

Marco Filippi
Helen Comin, morta dopo un intervento estetico
Helen Comin, morta dopo un intervento estetico

Potrebbe essere stato un farmaco somministrato a Helen Comin, dopo l’intervento estetico al seno, ad averne provocato la morte.

È una delle ipotesi che si stanno facendo largo nelle indagini sulla tragedia della cinquantenne cittadellese, madre di quattro figli, originaria di Rosà, morta il 10 settembre 2024, dopo un intervento di sostituzione delle protesi mammarie.

Un intervento effettuato alla DiViClinic, nota clinica privata di Castelfranco, diretta dal chirurgo plastico ed estetico Antonio Di Vincenzo, 65 anni, finito sotto inchiesta, come atto dovuto, per omicidio colposo assieme all’anestesista Fabio Toffoletto, 65 anni di San Donà di Piave, fino ad un anno e mezzo fa direttore dell'unità di anestesia e rianimazione e del dipartimento area critica dell'Ulss 4 Veneto Orientale.

Il farmaco fantasma

Di quel farmaco, però, non c’è traccia nelle cartelle cliniche di Helen Comin sequestrate dai carabinieri della compagnia di Castelfranco. Ed è qui che si innesca il giallo.

Come si arriva a prendere in considerazione quest’ipotesi? Bisogna fare un passo indietro.

Helen Comin fu sottoposta all’intervento estetico alla DiViClinic il 5 settembre scorso. Dopo l'intervento, riuscito perfettamente, la paziente era stata ricoverata nel reparto post-operatorio della clinica castellana con il controllo costante del personale addetto e non aveva manifestato alcun problema, tanto che dopo una quarantina di minuti si era anche seduta sul letto.

Ad oltre un’ora dall’intervento, Helen Comin aveva avuto un’improvvisa crisi cardiaca ed era stata subito soccorsa dal personale della clinica che le aveva praticato le manovre rianimatorie, poi proseguite dal personale del 118 arrivato in pochi minuti.

L’equipaggio del Suem provvide poi a trasportare Helen Comin all’ospedale di Castelfranco, dove rimase ricoverata in coma per cinque giorni prima di morire.

Il giallo della telefonata

Due giorni dopo il ricovero in ospedale, il 7 settembre, sarebbe intercorsa una telefonata tra un’infermiera della clinica privata e il reparto dove la cinquantenne cittadellese era stata ricoverata. Ed è durante quella conversazione che sarebbe emersa la somministrazione di un farmaco che potrebbe essere all’origine della tragedia.

Si tratterebbe del Sufentanil, un antidolorifico, che sarebbe stato dato ad Helen Comin, dopo l’intervento chirurgico, al suo risveglio, per alleviare i forti dolori che la paziente lamentava. Il farmaco, prestato quando era ancora in circolo l’anestesia, avrebbe provocato un “effetto paradosso”, creando un problema di stress all’organismo della donna che ne avrebbe provocato il coma.

Decisivo l’esito dell’autopsia

Il giallo sta nel fatto che di quel farmaco non c’è traccia nelle cartelle cliniche sequestrate alla DiViClinic, cinque giorni dopo l’intervento, poco dopo la morte della cinquantenne cittadellese.

Alla somministrazione del Sufentanil si sarebbe arrivati grazie al personale dell’ospedale di Castelfranco che, nelle proprie cartelle cliniche, riportava il contenuto della telefonata con l’infermiera.

È chiaro che fondamentali saranno gli esiti degli esami di laboratorio sui tessuti prelevati alla cinquantenne, durante l’autopsia.

Se vi fossero tracce di quel farmaco, è fondamentale capire chi ne aveva deciso la somministrazione e perché poi non ne era stata menzionata nelle cartelle cliniche.

Il caso della morte di Helen Comin provocò molto profondo cordoglio.

Sposata con Stefano Lago, titolare della Lago Inox Design di Galliera Veneta, la donna viveva con marito e quattro figli a Pozzetto di Cittadella. Ma era originaria della frazione di Cusinati di Rosà.

Negli ultimi tempi aveva affiancato il marito nella gestione dell’azienda anche se, fino a poco tempo fa, aveva gestito una sua attività in centro a Rosà.

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