Le reliquie di Santa Lucia da Venezia a Siracusa, Moraglia: «Simbolo della lotta alla violenza contro le donne»
La giovane nel 300 è stata torturata per aver rifiutato di sposare l’uomo a cui era stata promessa quando era ancora una bambina
Da Venezia a Siracusa, per ricordare che l’eternità dipende dalla nostra storia personale, dalle scelte concrete e quotidiane. Le reliquie di Santa Lucia sono tornate nella città che le ha dato i natali e qui resteranno per due settimane. Si tratta del terzo pellegrinaggio delle spoglie, dopo quello del 2004 e del 2014 a Siracusa e, sempre nel 2014, in provincia di Brindisi.
Della protettrice degli occhi e della vista e del suo “viaggio” in Sicilia ha parlato anche Papa Francesco: «Da Venezia a Siracusa, cioè dalla città che da otto secoli custodisce il suo corpo a quella in cui la sua testimonianza è inizialmente brillata, diffondendo luce in tutto il mondo. La comunione fra due Chiese particolari, che ha reso possibile questa traslazione temporanea, indica a sua volta un modo di abitare il mondo che può vincere le tenebre che ci circondano: c’è luce dove ci si scambiano doni, dove il tesoro di uno è ricchezza per l’altro».
Sabato, le reliquie della Santa sono atterrate insieme al patriarca Francesco Moraglia e alla congregazione che ha voluto accompagnarla in Sicilia. Un viaggio iniziato spiritualmente il 13 dicembre - giorno di Santa Lucia - quando Moraglia ha celebrato la messa nel santuario diocesano di Cannaregio.
«Il passaggio di questa realtà da parrocchia a Santuario risponde alla logica di valorizzare al meglio la presenza di santa Lucia e la possibilità di visite e pellegrinaggi da parte dei devoti veneziani e da quanti provengono da fuori diocesi, da ogni parte d’Italia e del mondo» ha detto Moraglia, riferendosi al piano di accorpamento delle Parrocchie. Per la guida della Chiesa veneziana, in un tempo scandito dai femminicidi e dalla violenza di genere, la Santa diventa l’emblema di una ragazza che ha spinto fino all’estremo il desiderio di vivere liberamente le sue scelte.
La sua storia risale al 300 dopo Cristo, eppure è quanto mai attuale: Lucia non è soltanto la santa che «illumina le menti e il cammino», che protegge la vista e che in molte parti del mondo e dell’Italia porta i regali come Babbo Natale, ma è diventata anche un simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, a causa delle torture subite per aver rifiutato di sposare l’uomo a cui era stata promessa quando era ancora una bambina. Dopo l’apparizione di Sant’Agata, a cui la giovane si era rivolta per chiedere la guarigione della mamma malata, Lucia aveva deciso di fare un voto di castità e di consacrare ufficialmente la propria esistenza a Cristo.
Il suo promesso sposo, un pagano, una volta respinto, aveva deciso di vendicarsi, denunciandola in quanto cristiana, in un’epoca in cui il culto era stato vietato. Lucia non fece alcun passo indietro, non rinunciò alle sue idee che, anzi, difese sempre fino alla fine, dichiarandosi disposta a subire ogni forma di tortura. Queste, non si fecero attendere: fu cosparsa di olio, posta su legna, pece e resine per essere arsa nel fuoco. Le fiamme però non la intaccarono, fu fatta allora inginocchiare e uccisa con la spada il 13 dicembre 304, a soli 21 anni.
«In un tempo oggi più che mai segnato da crescenti sopraffazioni e violenze sulle donne» ha commentato Moraglia, «Lucia è, con il suo coraggio e la sua dignità, esempio attualissimo. Lo è, soprattutto, per noi che viviamo in un’epoca in cui i femminicidi sono quotidiani»
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi