Accoltellamento mortale a Treviso, restano in carcere i due maggiorenni

Per il giudice, Ade e Ozuna potrebbero scappare o tornare ad uccidere. Il legale di uno dei due indagati: «Pronto a chiedere la scarcerazione al Riesame»

Marco Filippi
Accoltellamento mortale a Treviso (Fotofilm)
Accoltellamento mortale a Treviso (Fotofilm)

Toluwaloju Mclinkspual Ade e Angelo Riccardo Ozuna possono scappare o perfino tornare ad uccidere. Per questo motivo, il giudice delle indagini preliminari Carlo Colombo ha deciso di tenere in carcere a Santa Bona i due maggiorenni del gruppo di una decina di giovani che, la sera del 12 dicembre scorso, avevano aggredito Francesco Favaretto per derubarlo dell’hashish. Tutti italiani di seconda generazione di famiglie residenti nella Marca.

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Ade e Ozuna, 19 e 18 anni, il primo di Ponte di Piave e l’altro di Treviso (difesi dagli avvocati Valentina Pignata e Alessandra Rech) sono accusati di omicidio volontario assieme a un 15enne, rinchiuso nel carcere minorile di Treviso.

Al momento sono loro i tre indagati che hanno le posizioni più gravi nell’assassinio di via Castelmenardo, altrimenti non si giustificherebbero le misure restrittive.

Con loro, indagata per concorso in omicidio, ma a piede libero, c’è A.T., 19 anni di Ponte di Piave (difesa dagli avvocati Barbara Mertens), una ragazza d’origine senegalese che è stata filmata mentre brandiva una bottiglia di prosecco che avrebbe poi lanciato contro la vittima.

La banda
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Del gruppo facevano parte sei minorenni, cinque dei quali indagati a piede libero e a vario titolo per omicidio o rapina, mentre c’è un quarto maggiorenne, M.P., 19 anni di Treviso, (difeso dall’avvocato Mario Nordio) che è accusato, a piede libero, soltanto di rapina. Nei giorni scorsi la polizia gli ha sequestrato i vestiti indossati la sera dell’aggressione a Favaretto e il cellulare. Sequestro che è stato convalidato dal gip Colombo.

«Il mio assistito - spiega l’avvocato Alessandra Rech che difende Ozuna - è sotto choc per la morte di Favaretto ma vive il carcere come un’ingiustizia perché giura di non aver partecipato né alla rapina né all’accoltellamento della vittima. Gli stessi filmati messi a disposizione delle difese confermano il fatto che Ozuna ha dato alcuni calci a Favaretto mentre si stava azzuffando a terra con un suo amico ma poi è fuggito senza più tornare in via Castelmenardo. Da quel momento i filmati inquadrano Faveretto che si rialza in piedi e rimane così per tre minuti durante i quali inveisce contro qualcuno, sputando verso le ragazze ma non si vedono ancora tracce di sangue o accoltellamento. A meno che non vi siano altre immagini, tutto confermerebbe la versione fornitami da Ozuna, che ha sottolineato di non aver partecipato alla spedizione per la rapina dell’hashish alla vittima in quanto non poteva nemmeno consumarlo per ragioni di controlli sul posto di lavoro. Stando così le cose, non mi resta che ricorrere al tribunale del Riesame di Venezia per chiedere per lo meno l’attenuazione della misura del carcere in arresti domiciliari».

Nel frattempo è stata fissata per lunedì 30 l’autopsia sul corpo di Favaretto. Ad effettuarla sarà il medico legale Alberto Furlanetto, che già nei giorni precedenti la morte in ospedale del 22enne trevigiano aveva ricevuto l’incarico dal pubblico ministero Giulio Caprarola di verificare la profondità delle ferite sul corpo del ragazzo.

I giovani coinvolti nell’omicidio del centro di Treviso sono tutti ragazzi italiani di seconda generazione. Ade vive in una casa nella golena del Piave a Ponte di Piave, ha 4 fratelli ed è figlio di un pastore evangelico nigeriano e di una commerciante che gestisce un negozio etnico africano a Villorba. Prima di essere arrestato era studente all’istituto professionale Giorgi di Treviso.

Il 18enne Ozuna invece vive a Santa Bona con la madre e aveva iniziato da poco a lavorare per una ditta del comparto edilizio (monytaggio di impalcature) a Cremona. Il minorenne di 15 anni, arrestato e rinchiuso nel carcere minorile di Santa Bona, vive a Treviso, ed era già noto alle forze dell’ordine per aver partecipato ad atti di vandalismo in una fontana del centro città. Tutti avrebbero inoltre dei piccoli precedenti di polizia per rapina di giubbotti o soldi a coetanei.

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