Ultima generazione, via al processo a Padova:«Ci ascoltino o non ci fermeremo»

Il pm: «Scopi nobili ma libertà altrui da rispettare». Gli imputati, quattro padovani, 3 trevigiani, un veneziano, un bolognese, un veronese e un vicentino oltre a un giovane pavese: «Crisi climatica, grazie a noi se ne parla»

Cristina Genesin
Il presidio dei militanti di Ultima Generazione davanti al Palazzo di Giustizia d Padova
Il presidio dei militanti di Ultima Generazione davanti al Palazzo di Giustizia d Padova

Sette proteste contro l’inerzia e il silenzio generale di fronte all’emergenza dettata dal cambiamento climatico, tutte messe a punto a Padova e nell’hinterland nel corso del 2022. Sul banco degli imputati dodici attivisti di Ultima generazione, il movimento di resistenza civile che attraverso iniziative eclatanti (e anche discutibili e discusse) punta il dito per gridare che non c’è più tempo da perdere.

Il processo

Ultima generazione è tornata a Palazzo di giustizia. L’8 aprile la formale apertura del processo davanti al giudice Vincenzo Santoro, chiamato a giudicare i militanti del movimento, lavoratori e studenti tutti nati fra il 1966 e il 2022 (quattro padovani, 3 trevigiani, un veneziano, un bolognese, un veronese e un vicentino oltre a un giovane pavese) accusati, a vario titolo e in concorso, dei reati di blocco stradale, interruzione di pubblico servizio, deturpamento di cose altrui ma anche imbrattamento di beni culturali, promozione in un luogo pubblico di una manifestazione senza aver dato regolare preavviso all’autorità di pubblica sicurezza.

Già archiviata la contestazione di associazione a delinquere su richiesta della pubblica accusa, il pubblico ministero Benedetto Roberti.

A difendere gli imputati (sei dei quali in aula) l’avvocato Leonardo De Luca che ha sollecitato il proscioglimento perché il fatto non sussiste o per tenuità del fatto; tuttavia se la richiesta non sarà accolta tutti affronteranno il processo e soltanto uno (accusato di aver girato dei video in occasione delle manifestazioni) ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato.

Il pm: avanti con il processo

Al contrario, il pm Roberti ha chiesto di andare avanti con il processo, sottolineando che non ci sarebbe stata una mera resistenza passiva ma veri e propri blocchi stradali: «Nessuno mette in discussione i nobili principi che sono in gioco, ma c’è modo e modo di rappresentarli. Anche le libertà altrui vanno tutelate. E nessun questore negherebbe mai una manifestazione pacifica». Il giudice si è riservato di pronunciarsi rinviando la decisione alla prossima udienza prevista per il 27 maggio.

Le sette azioni

Sette le azioni messe a segno nel 2022 e finite a processo: il blocco stradale in via Venezia durato circa 30 minuti il 29 aprile; l’imbrattamento del muro del Centro culturale San Gaetano con scritte (“Stop gas e carbone”) in occasione del Forum nazionale su energia e sostenibilità l’11 maggio; il blocco stradale sul cavalcavia di Chiesanuova il 10 giugno; la performance nella Cappella degli Scrovegni con alcuni attivisti incatenati alle transenne installate per far defluire il flusso turistico il 21 agosto; il tentativo di lordare con lo spray i muri della sede regionale della Lega a Noventa in via Panà il 7 settembre e una performance con le maschere del ministro Ciongolani e del segretario del Carroccio Salvini sempre davanti alla sede leghista il 21 settembre; infine il blocco stradale in corso Australia il 6 ottobre.

Gli attivisti

Spiega Simone F., 23enne imputato e militante: «Abbiamo fatto i conti: uno di noi rischia ben 53 anni di galera... Solo il reato di blocco stradale prevede ben 12 anni...». Nessun ripensamento, comunque. «Chi ce lo fa fare? Pensiamo sia il modo per farci ascoltare. Queste azioni sono servite ad alimentare il dibattito pubblico. E la loro efficacia è dimostrata dal fatto che si sta cominciando a discutere di crisi climatica. Non vogliamo essere simpatici, vogliamo solo costringere le persone a parlare del tema: prima ci accorgiamo di essere nel pieno di una crisi enorme, prima riusciamo a reagire».

Fuori dal Palazzo di giustizia un presidio di Ultima Generazione con la partecipazione di Legambiente e Rifondazione Comunista. Sotto accusa il Decreto sicurezza, approvato sabato scorso dal consiglio dei ministri che prevede sanzioni più dure per chi protesta contro le grandi opere o partecipa a blocchi stradali: «Oggi processano noi, domani potreste essere voi» ribadivano gli attivisti. —

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