Zaia: «Processo Vajont, l’archivio cartaceo deve rimanere per intero a Belluno»
L’archivio del processo del Vajont? È fondamentale, per il presidente della Regione Luca Zaia, che rimanga a Belluno. «Ma c’è un’altra priorità: che si arrivi presto alla pubblicazione della completa digitalizzazione, secondo alcuni progetti già presentati, affinché tutto questo materiale sia fruibile online dalle nuove generazioni, con modalità innovative, per tutti coloro che vogliono approfondire i dettagli di questa tragedia».
È la priorità per il presidente della Regione, Luca Zaia. Magari, insieme alla pubblicazione degli atti processuali, anche di altri materiali che possano ricostruire puntualmente quant’è accaduto – e perché – 60 anni fa.
Si sa che il Ministero dei Beni culturali ha già dato la disponibilità di massima alla pubblicazione nel suo portale, sulla base del lavoro compiuto in questi anni a Belluno. La Regione ha allo studio altre iniziative. Per Zaia non ci sono dubbi: «Le carte processuali possono raccontare molto, magari aspetti ancora non abbastanza noti, di quanto accaduto». Ad avviso del presidente, «permettere l’accesso digitale tramite il web degli atti processuali è davvero un passaggio importante: un modo concreto e moderno di ricordare questo 60esimo anniversario».
Il progetto potrebbe essere esteso, secondo Zaia, anche alla divulgazione del materiale multimediale e giornalistico dell’epoca non ancora digitalizzato. «Bene inteso: è importante, direi fondamentale, che comunque l’archivio documentale cartaceo possa essere conservato presso l’Archivio di Stato di Belluno. Magari valorizzando le sezioni più importanti anche con la possibilità di esporre al pubblico la documentazione più interessante», aggiunge il presidente, che spera nella definizione della vicenda già nelle prossime settimane, prima delle celebrazioni dell’anniversario.
«Il 9 ottobre del 1963 resterà una data iscritta, con il sangue, in queste terre. Ma anche nella coscienza collettiva del Veneto e del Paese. È importante studiare anche cosa accadde dopo il disastro, anche attraverso le fonti giuridiche», aggiunge Zaia. «La ricostruzione, i nuovi insediamenti, la ripresa delle attività economiche e sociali avverrà con una legge speciale del Vajont. Fu più volte rifinanziata, permettendo l’insediamento in provincia di Belluno di nuove aziende. Il paese di Longarone, anch’esso una testimonianza “viva”, fu ricostruito. Invece Erto resterà per lungo tempo interdetto agli accessi e il divieto di risiedervi verrà revocato solo nel 1971».
Zaia fa notare che il disastro del Vajont ha portato anche a importanti cambiamenti nelle leggi e nei regolamenti relativi alla costruzione e alla gestione delle dighe in Italia e in tutto il mondo. «Si è prestata maggiore attenzione alla valutazione dei rischi geologici e all’adozione di standard di sicurezza più rigorosi».
Forte anche l’impatto sulla percezione pubblica: il disastro ha avuto un impatto duraturo sulla percezione pubblica della gestione dei rischi ambientali e della sicurezza delle infrastrutture. «A sessant’anni tutto questo – la costruzione della diga, la tragedia, il processo e l’eredità sociale di quanto accadde – deve poter essere tramandato anche alle future generazioni. Lo dobbiamo alle vittime, ai sopravvissuti, agli eroici soccorritori che in divisa o in abiti civili, accorsero sullo scenario di uno dei più gravi disastri della storia. Che, come raccontano le carte del processo, poteva essere evitato».
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