La notte in piazza dei giovani veneti aspettando il funerale di Papa Francesco: «Il suo pensiero è il nostro»
L’avventura di 26 ragazzi e tre animatori della parrocchia di Piove di Sacco, in provincia di Padova, insieme a don Giuliano Piovan

Di notte, tra le strade di Roma, il freddo morde senza pietà. E il silenzio è più pesante delle valigie.
È così che ventisei ragazzi e tre animatori della comunità di Piove di Sacco, guidati da don Giuliano Piovan, hanno vissuto l’attesa: a terra, su un marciapiede qualunque, tra stuoiette di fortuna e coperte termiche insufficienti a scacciare il gelo.
Il loro obiettivo era chiaro: essere tra i primi a entrare per i funerali di papa Francesco. Il come, molto meno.
Piazza Sant’Uffizio, alle spalle del colonnato sud del Vaticano, è stata la loro prima casa improvvisata.

Ma il riparo si è rivelato effimero. Troppo freddo, troppo duro il marmo su cui hanno posato le stuoie. Un poliziotto li ha infine raggiunti, senza alzare la voce ma con la fermezza di chi non ammette repliche: «Non potete stare qui». Non restava che inventarsi qualcosa. Mancavano ancora quattro ore all’apertura dei varchi fissata per le 6.
Cresce la delusione. «Forse questo vi porterà a considerare in modo diverso le persone che sono costrette a vivere in strada», osserva don Giuliano, rivolgendosi ai suoi ragazzi. Così la spedizione riparte. Attraversano la città spettrale e approdano a un McDonald’s, uno di quelli aperti ventiquattr’ore su ventiquattro.
Patatine, bibite, qualche muffin. Piccoli riti per ammazzare il tempo e celebrare due compleanni capitati in mezzo al viaggio. Ma nemmeno qui il destino è stato clemente: alcuni ragazzi si assopiscono sui tavoli, e arriva il secondo invito a sloggiare.
Per un momento sembra la fine di un’avventura troppo ambiziosa. Poi, una notizia che rianima gli animi, che riporta quella speranza che è anche il tema del Giubileo: «Pare che l’ingresso da Castel Sant’Angelo sia meno affollato degli altri», annuncia don Giuliano, leggendo un messaggio al telefono. Lì vicino, a pochi passi, c’è davvero Castel Sant’Angelo. Riparte la marcia.
Alla fine la speranza si traduce in azione. Alle 6.05, con qualche minuto di ritardo, i gate si aprono. Superati i metal detector, la fatica si scioglie. Le coperte stropicciate, le notti in bianco, il freddo preso a pugni e masticato: tutto scompare davanti all’idea di essere parte di qualcosa che sarà già storia.
Non c’era vento quando il mondo ha salutato papa Francesco. Solo un’aria immobile, come sospesa, a custodire il ricordo di una notte in cui il coraggio di ventisei ragazzi, e un prete senza paura, ha trovato il suo posto tra le pagine di un tempo che non torna.
Non era un giorno qualsiasi. E non era un Papa qualsiasi. Francesco, il Papa venuto «dalla fine del mondo», come si era presentato dal balcone quella sera del 2013, era tornato dove tutto era iniziato. In quella stessa piazza, tra le colonne del Bernini che sembrano abbracciare il mondo, il suo corpo giaceva davanti al portone della basilica. E tutt’attorno una folla immobile, composta, venuta a dirgli addio.
I ragazzi di don Piovan seguono la cerimonia passo a passo. Assonnati, ma determinati a conservare un ricordo di quell’esperienza memorabile. Al termine della celebrazione, mentre la bara veniva portata in corteo per le strade di Roma, la folla ha applaudito. Un lungo applauso. Non di circostanza, come qualcuno potrebbe avere pensato guardando la scena alla televisione.
Ma mentre le porte di San Pietro si richiudevano, e la folla si disperdeva, in molti si sono voltati a guardare il cielo. C’era ancora il sole, sempre spietato. Ma qualcuno, giura, ha sentito un soffio di vento.
L’ultimo appuntamento della giornata è infine alla chiesa di San Paolo fuori le mura, dove sono state organizzate alcune funzioni per permettere ai ragazzi del Triveneto di attraversare le porte sante.
I ragazzi arrivano più o meno esausti all’appuntamento. È il completamento di un percorso, in una giornata che li ha portati in contatto con la storia. «Stanchi ma contenti, ne è valsa la pena. Ci tenevamo a esserci, il Papa la pensava come noi». I ragazzi di Piove di Sacco tornano esausti per una notte in fiera.
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