Europee, De Carlo (FdI): «Ora abbiamo i numeri per governare il Veneto»
Segretario regionale Luca De Carlo, il suo partito, Fratelli d’Italia vola oltre il 37% in Veneto. Cosa ci dice questo risultato?
«Conferma quello che i veneti avevano già affermato nel 2022, ossia che FdI è il primo partito in Italia e in Regione. Non solo abbiamo confermato i consensi di due anni fa, ma siamo cresciuti anche del 5%, contro una crescita nazionale del 2%: è il segno che i veneti hanno voluto premiare il Governo Meloni e la credibilità e serietà di FdI e della sua classe dirigente».
È davvero finita un’era per questa regione tradizionalmente democristiana? Perché questa svolta a destra, secondo lei?
«I veneti sono un popolo concreto, lavoratore e con valori chiari. Le elezioni degli ultimi anni parlano chiaro, è stato premiato il partito che ha valorizzato le imprese e ha dato risposte ai cittadini, facendo crescere il Pil e riducendo la disoccupazione. Il partito che ha saputo amministrare i territori, facendo crescere la propria classe dirigente, lo stesso che ha dato risposte tanto ai settori della grande industria quanto all’agricoltura, alle famiglie, agli enti locali. La serietà e la coerenza di questi anni hanno pagato».
Di fatto Meloni ha strappato il Veneto a Salvini. Ora chiederete ancora con più forza di governare questa regione?
«È innegabile che FdI sia il primo partito d’Italia e di questa regione. Siamo il partito guida e vogliamo esserlo per tutte le sfide elettorali che ci aspettano, sempre con la lealtà e la serietà che ci contraddistinguono, facendo ben presente a tutti la volontà dei veneti. Più di un veneto su tre nel centrodestra ha scelto noi. Partiamo da qui per costruire il futuro, come lo è stato negli anni scorsi con Galan e il PdL prima e Luca Zaia poi».
FdI è il partito più votato ma si ritrova nell’amministrazione regionale con un solo assessore. Chiederete più rappresentanza? Come cambieranno i vostri rapporti con Zaia?
«Riprendiamo i capisaldi appena ricordati: lealtà e serietà. Ci siederemo attorno al tavolo con il presidente e discuteremo della sostituzione del nostro assessore che andrà in Europa, e lo faremo con quello spirito collaborativo che ci ha sempre contraddistinto. Confermiamo il nostro appoggio a lui, ribadendo l’impegno per il centrodestra unito, senza inciuci o fughe in avanti».
Come gestirete l’operazione di rimpasto dopo la partenza di Donazzan per Bruxelles? Chiederete voi o lascerete fare a Zaia?
«È indubbio che ci sarà un confronto su nomi e deleghe, come avviene sempre in questi casi, anche per la logica del rispetto delle “quote rosa” all’interno della giunta. Siamo certi che con il governatore troveremo un punto d’incontro sia sul nome del nuovo ingresso che sulle deleghe che verranno attribuite».
Adesso, idealmente, inizia la corsa alle regionali. I rapporti di forza nella maggioranza sono chiari. Ci sarà contrattazione in uno scacchiere nazionale con 9 regioni al voto o il Veneto dovrà essere per forza vostro?
«Manca ancora un anno al voto e come abbiamo sempre detto un anno in politica è un’era geologica. Certo è, come detto prima, che FdI gode di grande fiducia da parte degli elettori veneti, e può contare su una classe dirigente che ha fatto la “gavetta” e che può fornire nomi in grado di governare una regione tanto importante».
Secondo lei è davvero finita la stagione di Zaia?
«Il governatore è un ottimo amministratore, credo che possa far valere le sue capacità anche in altri ambienti. Non c’è solo la Regione Veneto dove potersi mettere in gioco. Può rivestire benissimo qualunque ruolo, tranne quello di Presidente del Consiglio, perché quello attualmente in carica direi che va benissimo (ride)».
Il generale Vannacci è comunque il più votato in Veneto nelle fila della Lega. Come commenta questo risultato?
«Direi che è la democrazia: spesso i cittadini si lamentano che i listini bloccati non permettono di votare il candidato preferito, le elezioni europee permettono di indicare la propria preferenza. In questo caso, gli elettori della Lega hanno scelto di indirizzare così il loro voto, verso un candidato presentato come indipendente. Personalmente, preferisco puntare su chi negli anni ha lavorato e fatto crescere il partito, ma – ripeto – questa è una scelta puramente personale. È una vittoria di Salvini, che ha imposto il nome del generale Vannacci, nonostante tanti mal di pancia all’interno del partito. Ma alla fine i numeri gli hanno dato ragione».
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