Europee, Fratelli d’Italia conquista il Nord Est

Il partito di Meloni al 32%, e in Veneto arriva il miglior risultato nazionale

Enrico Ferro
FdI primo partito
FdI primo partito

L’onda di polarizzazione che attraversa l’Europa, destabilizzando Francia e Germania, si abbatte anche sul Nord Est e genera fenomeni politici opposti e concorrenti. E così per Fratelli d’Italia che nella circoscrizione arriva a sfiorare il 32% c’è un Pd quasi al 26%, con la Lega lontana al 10% e Forza Italia plafonata al 7%.

Il generale Vannacci è il più votato tra i leghisti con 142.475 preferenze ma il paladino dei diritti Lgbtq+ Alessandro Zan risponde con 92.651 voti.

Elena Donazzan, assessora del Veneto e con una marcata connotazione di destra radicale, è la seconda più votata dopo Giorgia Meloni con 63.250 voti, ma Mimmo Lucano, il sindaco di Riace che accoglie i migranti, è in cima alla lista di Alleanza Verdi e Sinistra con 42.576 preferenze.

Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna, ossia le quattro regioni che fanno parte della circoscrizione, ricalcano in pieno la media nazionale.

In quest’area d’Italia florida per lavoro e imprese scompaiono i litigiosi alfieri del terzo polo Renzi e Calenda ma anche i grillini non se la passano bene, con un risicato 6%.

«Il ritorno al bipolarismo è chiaro», commenta Paolo Graziano, professore di Scienza politica all’Università di Padova. «Il centro dovrà porsi delle domande e trovare una propria identità».

Addio veneto bianco

«Grazie Veneto, ancora una volta i primi in Italia. Primi in Europa!». Festeggia Adolfo Urso, ministro dello Sviluppo economico del governo Meloni, eletto proprio nel collegio veneto che tanta soddisfazione continua a dare a Fratelli d’Italia.

Le elezioni europee segnano un nuovo record di consensi, perfino superiore a quelle delle politiche del 2022. FdI in Veneto sfonda addirittura quota 37%, precisamente si ferma al 37,58%.

Ed è la fine del Veneto bianco, quella subcultura politica territoriale “bianca”, con un sistema politico egemonizzato da una forza, la Dc, referente politico della chiesa, che garantiva rappresentanza e tutela alla società locale, si avvaleva di un forte senso di appartenenza e si trovava al centro di una rete di associazionismo diffusa.

Dopo la Dc è arrivata Forza Italia e infine la Lega con Luca Zaia, efficace interprete delle trasformazioni in una regione in cui i processi di secolarizzazione hanno cambiato nel profondo la fisionomia della società e i suoi valori.

Ma il tornante della storia politica di questo partito, sembra segnare uno stacco definitivo tra il prima e il dopo. Zaia rifiuta di candidarsi alle Europee e a salvare la Lega è il generale Vannacci, un esterno che nemmeno ha la tessera del partito. Un corpo estraneo in quello che era nato come sindacato del territorio, al punto che né Zaia né Fedriga si erano fatti troppi problemi a dire pubblicamente che mai l’avrebbero votato.

Alla luce dei risultati restituiti dalle urne, è difficile pensare che in qualche modo Salvini non farà pagare loro le conseguenze.

L’ex ufficiale della Folgore ha calamitato la rabbia del popolo a tutte le latitudini, perfino nella rossa Emilia Romagna ha preso oltre 41 mila voti. È lui a difendere il fortino leghista dagli attacchi cannibali di Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi prende due punti percentuali rispetto alle ultime Europee, e lo fa grazie all’attivismo di Flavio Tosi. Ma il sorpasso avvenuto a livello nazionale in Veneto e Fvg non c’è stato. Tuttavia, il bilancio in casa Lega è tutto tranne che incoraggiante.

«La Lega Nord non esiste più: esisteva la Lega di Salvini, ma in Veneto è stata soppiantata da FdI», commenta Martina Carone, analista politica di Quorum YouTrend.

«Per portare le persone a votare serve fare due cose: posizionarsi chiaramente e intestarsi delle battaglie. Alessandro Zan ha puntato sui temi, Alessandra Moretti sui risultati conseguiti da parlamentare europea uscente, Mimmo Lucano ha puntato sui simboli. Hanno saputo interpretare il territorio veneto in modo convincente».

Il FVG punta sugli amministratori

Il generale Vannacci non riesce a raggiungere il gradino più alto del podio in Friuli Venezia Giulia, dove la più votata nella Lega è Anna Maria Cisint, la sindaca di Monfalcone, quella della guerra alle moschee.

Con 31.309 voti si aggiudica un seggio al Parlamento Europeo e conferma una tendenza rilevata anche dal politologo francese Marc Lazar, che vede nella paura dell’Islam associata agli attentati uno dei trending topics duri a morire.

Il dato che emerge dal Friuli Venezia Giulia è la fiducia che gli elettori hanno dato agli amministratori locali, sindaci come Cisint e Alessandro Ciriani (Pordenone, 36.473 voti) ma anche figure come Anna Olivetti, presidente di Federfarma di Gorizia.

Nel Pd svetta Sara Vito, ex assessora regionale di Debora Serracchiani, che si piazza appena sotto il compagno Bonaccini.

Nella Lega, terza forza regionale, conquista il podio dei più votati Stefano Zannier, assessore di Massimiliano Fedriga.

Mentre in Forza Italia, appena sotto Tajani, c’è la deputata triestina Sandra Savino. Ma anche qui il peso dei partiti è chiaro: FdI al 34%, Pd al 20,97% e Lega al 14,93%, con Forza Italia ferma al 7%.

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