Giro d’Italia, un’onda anomala di felicità travolgente a Nord est
La gente, quella che si assieperà lungo la strada fino a Padova il 23 maggio, sente che il Giro è una sorta di presenza ancestrale, un sommovimento tellurico destinato ad inondarci di felicità
Passaggio a Nord est, dove noi saremo ad aspettarli con le scarpe grosse e non con i sandali, con gli stivali e, forse, l’ombrello. Dove ci sarà un incitamento per tutti e una piccola residuale speranza: la vittoria di un italiano in un Giro dominato dal fenomeno sloveno, Tadej Pogacar, il Pantani, se non addirittura il Coppi, di questo secolo iperbolico.
Giovedì 23 maggio tutti a Padova, in quel Prato della Valle così capiente ed accogliente. E, per quelli che non possono prendersi la mezza giornata dal lavoro, almeno una capatina lungo la strada per sentire, prima ancora che vedere, chi passa e a quale velocità.
Il Giro attraversa il nostro Triveneto come non molte volte prima. E, se è vero che tutto è già deciso con il dominio assoluto di Pogacar, resta ancora molta strada da fare per arrivare a Bassano.
Chi sa di ciclismo ripete che per durezza e varietà non esiste un epilogo di questa intensità e, dunque, della stessa rilevanza. E mentre a Padova ci si aspetta il trionfo di un velocista - con la maglia ciclamino di Milan a guidare il gruppo dei pronostici -, le ultime frazioni non saranno lasciate a comprimari. Pogacar vuole vincere ancora e non c’è di meglio che farlo incarnando la fuga solitaria.
La gente, quella che si assieperà lungo la strada fino a Padova, sente che il Giro è una sorta di presenza ancestrale, un sommovimento tellurico destinato ad inondarci di felicità perché, come nei nostri segreti desideri, torna padrone degli spazi, degli angoli, dei tempi e dei sospiri. Sembra impossibile, ma quando il Giro arriva, tutto si ferma. E noi, volenti o no, ne siamo parte.
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