Il Giro riposa e la mente va a Parigi
A Livigno si sente già profumo di Olimpiadi nella carovana rosa. Viviani: “Il quartetto può rivincere e io punto a un altro oro”
LIVIGNO. Proiezione Parigi. A Livigno, con le piste da sci ancora quasi innevate, nel bel mezzo del Giro d’Italia. Proiezione Olimpiadi perchè qui molto è a cinque cerchi. Dalle gare di freestyle e snowboard di Milano Cortina 2026 (il 30 per cento delle medaglie che saranno assegnate) al centro di preparazione olimpica del Coni.
A Elia Viviani, 35 anni, team Ineos, il padre della pista italiana 2.0, oro a Rio 2016, portabandiera azzurro e bronzo a Tokyo 2021sempre nell’Omnium, maglia ciclamino al Giro 5 anni fa, che si sta allenando a Livigno in proiezione cinque cerchi, il compito di fare il punto della situazione dell’Italpista.
Viviani l’altro giorno ha vinto Ganna. E ha pianto.
«Pippo arrivava da un periodo nero. Aveva perso la crono della Tirreno, il Mondiale da Evenepoel. Nella crono di Perugia era stato rimontato dal fenmeno Pogacar: il suo è stato un pianto liberatorio. Ora è in modalità Parigi dove, oltre al quartetto, vuole anche l’oro nella crono».
Milan lei l’ha svezzato ora domina le volate. e l’aspettava?
«Così no. È il velocista più forte al mondo, forse solo Merlier e Philipsen gli possono dare del filo da torcere, ma devono stare benone per farlo. Ho conosciuto Jonny che era un Ganna 2 su pista, si è cimentato nelle volate ed è un fenomeno. Ha poi nella Lidl Trek una squadra fortissima, progettata per esaltarne la potenza pazzesca. Simone Consonni, l’altro del quartetto, gli tira le volate, ha Theuns e Stuyven, uno che ha vinto la Sanremo nel treno: è l’ultimo vagone di una macchina perfetta. Ha già vinto tre tappe e mancano ancora gli sprint di Padova e Roma...».
Il suo amico Thomas sabato compie 38 anni. L’ha sorpresa?
«È fortissimo. Dietro a Pogacar può assolutamente arrivare secondo. Ora per lui arriva il bello: quando gli altri vanno in crisi lui non si stacca. Il mio amico Geraint è così: un esempio per tutti».
Pogacar è il re incontrastato. Sensazioni?
«Tadej quando decide di scattare non ce n’è per nessuno. È quel fuoriclasse che in gruppo può decidere quando vincere. Fa tutto fatto bene e il campione che c’è in lui non lo fa star fermo anche quando potrebbe lasciare spazio agli altri. Sul Mottolino domenica voleva vincere e l’ha fatto».
Quanto le manca il Giro?
«Tanto, anche perchè correrlo sarebbe stata la preparazioone perfetta per Parigi. Ma farò di tutto per esserci l’anno prossimo».
Lei è il capitano della pista azzurra. Torni indietro di dieci anni: l’avrebbe mai detto?
«Il mio oro olimpico e la convocazione del quartetto in extremis 8 anni fa a Rio hanno fatto partire tutto. Ora siamo un movimento di riferimento al mondo».
Compiti per casa ai “suoi” ragazzi?
«Da lunedì mattina Pippo, Jonny e Simone devono pensare a Parigi. Lamon lo sta già facendo. Gli inglesi sono fortissimi con Hayter, Vernon, Bigham. Ma con un mese in pista e con quei fenomeni di Pippo e Jonny un altro oro è possibile».
E per lei?
«Sognai i Giochi alle Olimpiadi giovanili del 2005. Le ho vinte. E punto a rivincere. Sarà la mia ultima Olimpiade, me la voglio godere dal primo all’ultimo minuto: cerimonie comprese».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi