Non c’è Giro d’Italia senza il Veneto

Quello che storicamente ci unisce alla bicicletta è un legame antico che è un vero sentimento popolare, quasi connaturato perché la determinazione, la resistenza, l’ambizione di raggiungere il traguardo, infatti, sono tra le caratteristiche proverbiali dei Veneti
Luca Zaia
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia

Non c’è Giro senza Veneto e non c’è Veneto senza giro. Amo ripeterlo spesso come un tormentone per sottolineare il legame profondo e antico che c’è tra la nostra regione e la carovana rosa, la kermesse che incarna nella sua massima espressione uno degli sport tradizionalmente più amati dalla nostra gente. Per questo siamo convinti che quando è l’ora del Giro, è arrivato il momento in cui sulle nostre strade arriva uno degli spettacoli più attesi: una festa di popolo che acquista le appassionanti sembianze della competizione sportiva, condotta attraverso un territorio che per valore paesaggistico, per varietà della difficoltà tecnica, per entusiasmo dei suoi tifosi, per il legame con grandi campioni, rende ogni tappa un momento speciale connotandola di un valore aggiunto.

Quest’anno il Giro, il 23 maggio, onora la nostra terra con l’arrivo della XVIII tappa a Padova. Con un gioco di parole possiamo dire che è un vero traguardo, un appuntamento eccezionale perché corona una delle giornate della corsa – che si sta già confermando una delle più appassionanti delle recenti edizioni - nella spettacolare cornice di Prato della Valle, la piazza più grande di Europa; quella piazza che si definisce “senza nome” perché da quando esiste è stato universalmente sufficiente indicarla come il “Prato”.

Un teatro naturale urbano che – con le sue aree verdi, la sua isola su un gioco di canali, le sculture disseminate e i panorami su antiche chiese e prestigiosi palazzi - è uno dei simboli del Veneto nel mondo, uno dei principali richiami del capoluogo euganeo: quella che la consuetudine vuole essere la città più antica della regione, fondata da Antenore.

Basterebbe questo a fare della tappa patavina un momento eccezionale, in grado di toccare profondamente gli animi di sportivi e non. Ma la città, forte delle sue eccellenze in ogni campo, riserba molto di più anche nell’occasione di una manifestazione sportiva di altissima tradizione, di grande richiamo, oltre che di indiscutibile e storico appeal come è il Giro d’Italia.

La XVIII tappa segna un ponte tra due eccellenze nel panorama internazionale, congiungendo su due ruote, in una delle competizioni agonistiche più amate e più seguite, le Dolomiti e Padova: due realtà accomunate dall’essere incluse nel Patrimonio dell’Umanità Unesco. La città del Santo, infatti, non è annoverata nel prestigioso elenco solo come Urbs Picta, ma anche per l’Orto Botanico le cui piante monumentali si stagliano poco lontano dal Prato.

Un contesto di un’eleganza indiscussa e un prestigio elevatissimo che non interferiscono ma fanno corona a quanto rappresenta il mondo delle due ruote per i Veneti. Il ciclismo, infatti, richiede impegno, determinazione e fatica come ci insegnano quelli che lo vivono come sport, sia come agonisti sia come amatori o con la semplice passione del tifoso dei tanti nostri campioni.

Quello che storicamente ci unisce alla bicicletta è un legame antico che è un vero sentimento popolare, quasi connaturato perché la determinazione, la resistenza, l’ambizione di raggiungere il traguardo, infatti, sono tra le caratteristiche proverbiali dei Veneti.

Così come lo è lo spirito di accoglienza che anche in occasione della tappa del 23 maggio ci porterà in Prato della Valle, ai lati del traguardo, ad applaudire il migliore ma ad attendere tutti a braccia aperte.

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi