Identificare le vittime ignote, «Serve il sì dei superstiti»
Ricorrere all’analisi forense per dare un nome alle oltre ottocento salme non identificate sepolte al cimitero delle vittime del Vajont a Fortogna è una proposta che si può valutare ma usando cautela e sensibilità. E con un punto fermo: una operazione del genere «deve essere condivisa dalla popolazione superstite».
Lo pensa Roberto Padrin, sindaco di Longarone, davanti alla proposta partita dal Friuli e che coinvolge sia il nuovo prefetto di Pordenone, Natalino Domenico Manno, sia l’antropologa Cristina Cattaneo, ordinario di Medicina legale alla Statale di Milano, punto di riferimento di inquirenti e procure per i casi di cronaca più complicati: Yara Gambirasio, Elisa Claps, Stefano Cucchi.
Alla vigilia del sessantesimo anniversario del Vajont, il neo prefetto di Pordenone, all’atto dell’insediamento, ha voluto lanciare pubblicamente la proposta: dare un nome alle salme da sessant’anni non identificate. «Sono ottocento le salme non identificate, vogliamo dare un nome anche a queste. Non sarà semplice, ma ci proveremo», ha detto Natalino Domenico Manno.
Il nuovo prefetto pordenonese ha svelato il progetto che sta mettendo in piedi dopo essersi confrontato con il sindaco di Vajont. Il progetto che coinvolgerà, oltre ai Comuni e alle Regioni del Friuli Venezia Giulia e del Veneto interessati, l’antropologa Cristina Cattaneo. La specialista è la persona giusta in grado di predisporre un progetto per l’identificazione delle vittime senza nome attraverso l’analisi del Dna delle salme, che dovrebbero essere esumate, e dei familiari. «Vorrei che tutti potessero essere riconsegnati ai loro cari», è il desiderio del prefetto pordenonese. «Non sarà semplice, ma è importante partire».
Cattaneo era venerdì a Ponte nelle Alpi per un incontro inserito nell’ambito delle iniziative per il sessantesimo del Vajont. Una conferenza dal titolo “L’identificazione nel disastro: tra diritti e scienza”. E in sala c’era anche il sindaco Padrin, che già aveva sentito parlare Cattaneo a luglio a Borgo Valbelluna, quando la specialista forense era stata protagonista di uno degli incontri di “Trichiana paese del libro”.
«La dottoressa Cattaneo è senz’altro una delle più autorevoli specialiste di medicina legale», premette il sindaco di Longarone, «l’ho incontrata venerdì alla conferenza a Ponte nelle Alpi e mi ha detto che questa è una proposta fatta in punta di piedi, mi ha sottolineato che non vuole urtare nessuna sensibilità».
Le ripercussioni di un progetto di questo tipo, che comporterebbe la riesumazione di salme dal cimitero monumentale, sono comunque tutte da valutare, sottolinea Padrin. «Sarebbe una operazione molto delicata», dice. «La dottoressa Cattaneo può gestire un progetto così ma serve la condivisione della popolazione superstite: io sono l’ultimo che può prendersi una responsabilità del genere. Bisogna capire che da un lato potrebbe essere un colpo al cuore per molti, ma per chi non ha mai visto identificato il proprio familiare potrebbe essere una possibilità. Insomma, questo progetto potrebbe suscitare sentimenti contrastanti. Dunque al momento resta una proposta, fatta in punta di piedi».
«È comunque un altro dei temi legati al Vajont di cui è giusto parlare», dice il sindaco di Longarone. «Magari ragionando attorno ad una sperimentazione iniziale, con modalità da concordare». Sempre usando la sensibilità e la cautela necessarie, rimarca Padrin, per affrontare una questione tanto delicata per la popolazione superstite.
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