Aldo Bernardi e le amate bocce: cinquant’anni da protagonista

Il presidente del Belluno: «Tutto iniziò nel 1968 con l’amico Vibani, ma allora l’adesione al gioco era davvero alta»

Nicola Pasuch / BELLUNO

Da oltre cinquant’anni è uno dei pilastri principali del movimento bocciofilo bellunese. Aldo Bernardi, settantotto anni e una vita dedicata al suo lavoro, il ristorante Marta d’Oro, e alla sua passione, le bocce. Un paio d’anni fa, non a caso, il Coni gli ha conferito la stella di bronzo.

«Tutto è cominciato nel 1968 alla Bellunese, in via Simon da Cusighe, a Belluno. Sono arrivato lì assieme a qualche amico con cui giocavo a bocce e mi hanno chiesto subito di diventare uno dei dirigenti di quella società. Dopo un paio d’anni, però, io e Luciano Vibani abbiamo deciso di spostarci e di costituire la nostra società alla Marta d’Oro, nel 1971. L’anno prossimo, dunque, saranno cinquant’anni… È anche per questo motivo che ancora tengo duro, dopodiché deciderò cosa fare. Abbiamo aperto questa nuova società che come primo nome ha avuto Bocciofila Vinicola del Piave. Orazio Tomasella, mio compare di nozze, era il titolare di questa vinicola del Piave e fu il mio primo sponsor. Una nostra caratteristica è stata quella di avere sempre, fin dall’inizio, uno sponsor della società. Poi si sono susseguiti i vari nomi delle bocciofile, ciascuno legato ad uno sponsor: dalla Cadorina Laterizi alla Sinteco, da Fondiaria Assicurazioni a Gaz Sami».

L’adesione all’epoca era decisamente buona…

«Appena abbiamo iniziato alla Marta d’Oro già potevamo contare quasi su una sessantina di tesserati. Tutte le domeniche mandavo a giocare in giro per la provincia diciotto o venti coppie. Poi alla sera ci ritrovavamo e facevamo le premiazioni delle gare. Dopodiché abbiamo aperto anche un settore giovanile. Tra i prodotti di quel vivaio ricorderei ad esempio Romano Sommacal e Burigo. Anche con loro, quasi tutte le domeniche, si facevano delle gare di un bel livello. Era un bel periodo: la società si impegnava, la gente veniva da noi».

Nel frattempo anche il panorama delle bocce ha subìto importanti trasformazioni…

«Dalla Enal Figb siamo passati alla Ubi, l’unione bocciofila italiana, che ha poi preso il nome di Fib. Nel primo anno in cui si giocava al punto e volo internazionale siamo arrivati secondi a Cordignano con la nostra quadretta. Successivamente abbiamo aperto un’altra scuola bocce: ne sono frutto i vari Casagrande, che ha vinto anche importanti titoli giovanili nazionali, e Zampieri. In estate si giocava a casa mia, mentre in inverno c’era il bocciodromo di Belluno. Quanto alla società, abbiamo cambiato più volte il nome ma, dato che ad ogni cambio di denominazione si doveva pagare, ad un certo punto abbiamo deciso di chiamarci Bocce club e di aggiungerci noi in coda il nome dello sponsor principale. Per qualche anno come società abbiamo anche gestito il bocciodromo di Sedico, prima che aprissero quello di Cavarzano».

Dai primi anni Novanta in poi le bocce bellunesi si sono anche affacciate alla serie A.

«All’inizio la serie A era interregionale e a quadrette. Ci arrivammo una prima volta nel 1990. All’inizio neanche me ne rendevo conto, anche perché si giocava a squadrette e si trattava, in sostanza, di andare a giocare una finale interregionale. Siamo poi tornati una seconda volta in serie A nel 2007-2008, quando già avevano inserito nel regolamento anche tiro veloce e staffetta. Le vittorie più belle restano quelle ottenute con una squadra formata da noi bellunesi».

Fino ad arrivare alle stagioni più recenti…

«Abbiamo vinto per tre anni di fila la serie B regionale, l’attuale A2, ma le prime volte non ero troppo felice di andare in serie A, per una questione economica, così ho sempre rinunciato. Tranne l’ultima volta: siamo saliti con le nostre gambe ed abbiamo poi fatto una splendida stagione in serie A che si è chiusa al quinto posto. Nel 2018 abbiamo anche partecipato per la prima volta alla Coppa Europa, perdendo con la Francia. Ma finito l’anno in serie A ho deciso di ritirare la squadra. Non dormivo la notte. In ogni caso, con Massimo De Vecchi abbiamo pagato tutti i giocatori ed abbiamo fatto le cose per bene: possiamo girare a testa alta e tutti hanno un bel ricordo di noi. Quanto a quest’anno, in Promozione, siamo andati a giocare al bocciodromo di Feltre perché, ci hanno detto, al Palabocce non c’era posto. Abbiamo disputato un pessimo campionato, siamo arrivati ai playout che non sappiamo neanche se disputeremo. Già a fine stagione regolare ho liberato il direttore tecnico».

Quali sono i giocatori più forti che ha incontrato o che ha avuto nelle sue squadre?

«Si va sempre male a fare nomi ma andando indietro nel tempo citerei Eugenio Bortoluzzi, Nadio Palman, Ermenegildo Martinazzo, Andrea Casagrande, Piero De Moliner. Ricordo anche un titolo vinto da una quadretta d’eccezione: Dirollo, D’Isep, Martinazzo e Zanatta: i primi tre erano miei giocatori, il quarto giocava nella Piave».

Cinquant’anni di bocce: qualche rimpianto?

«Le soddisfazioni che ho avuto mi ripagano di tutto il tempo e di tutti i soldi che ho speso per le bocce. Ma, devo dirlo, ho trascurato la mia famiglia per diversi anni, se penso che tutte le domeniche ero in giro per le gare. Quanto alle bocce, onestamente non vedo un grande futuro: nessuno ne parla e non c’è ricambio». —

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