Alex Turrin: «Per il Giro mi merito un 7»
Il feltrino traccia il bilancio dopo la corsa rosa. «Ora conosco il mio livello e quello degli avversari. Ho chiuso in crescendo»
FELTRE. Tre settimane di Giro d’Italia tra fatica ed emozione, soddisfazioni e presa di consapevolezza del proprio valore. E di ricerca del corridore che potrà diventare.
Tre settimane in cui i chilometri sono diventati tanti mattoni utili a costruire il futuro. Un maggio intenso, il maggio del primo grande giro. Una primavera fatta anche di sogni. Anzi di un sogno: tornare alla corsa rosa e poter un giorno tagliare per primo un traguardo.
A qualche giorno di distanza dalla conclusione del Giro 101, Alex Turrin, 26 anni il prossimo 3 giugno, racconta e si racconta.
Alex, cominciamo dal momento più bello della corsa rosa.
«Sono stati due. Il primo, la tappa di Sappada: sentirmi incitare lungo tutte le salite bellunesi è stato bellissimo. E la baraonda che i ragazzi della Grondaflorex hanno fatto lungo salita di Costalissoio è stata incredibile. Qualcosa che mi è entrato dentro e che custodirò come un tesoro. L’altro momento bello, direi di bellezza assoluta, è stato l’arrivo di Roma: ho tagliato il traguardo e in un attimo mi sono liberato di tutta la fatica fatta in tre settimana».
E il momento più difficile?
«La tappa dell’Etna. Stavo male a causa del virus intestinale. Ho faticato davvero tantissimo, ho rischiato di tornare a casa. Altro momento difficile è stata la tappa da Penne a Gualdo Tadino: veniva dopo il secondo giorno di riposo, siamo partiti in salita e per quattro ore e mezzo ci sono stati attacchi e inseguimenti continui. Ecco, in quelle ore mi sono domandato che cosa ci facevo io nel ciclismo».
La cosa più importante che porti a casa dal Giro?
«La consapevolezza del livello degli avversari. E del mio».
Che voto ti dai?
«Mi merito un 7. Ho fatto quello che dovevo: ho centrato un piazzamento (nono a Pratonevoso, nella 18ª tappa, ndr) e sono stato protagonista di tre fughe. E ho finito in crescendo».
Al Giro sei stato chiamato in extremis dopo il rientro in Italia di Pozzato. Ma ci sei arrivato preparato.
«Avevo lavorato bene per esserci, poi le scelte tecniche sono state diverse. Quando mi hanno chiamato avevo già staccato da qualche giorno, ma dopo qualche tappa sono tornato a posto. Merito del lavoro fatto nei mesi prima: un lavoro direi scientifico portato avanti con il preparatore Alessandro Malaguti e con il nutrizionista Massimiliano Piolanti. Sono cresciuto sia per quanto riguarda la tenuta sia per quanto riguarda il recupero».
Cosa ti ha dato e cosa potrà darti questo Giro?
«In termini di popolarità tantissimo. Grandissima anche la soddisfazione: esserci e portare a termine un Giro fa acquistare un senso alle fatiche che hai fatto per quindici anni. In prospettiva spero che queste tre settimane contribuiscano a farmi fare un salto di qualità».
Come vedi il Turrin del futuro?
«I miei limiti non li conosco ancora. Spero di poter diventare un buono scalatore. Uomo squadra? Sì, ma non solo. Mi piacerebbe avere anche la possibilità di giocare le mie carte: credo sia importante ogni tanto poter andare alla ricerca di soddisfazioni personali altrimenti ti fossilizzi».
Il sogno?
«Una tappa al Giro».
La tua carriera è stata frenata ripetutamente dagli infortuni: femore rotto due volte, poi il polso. Come si fa a ripartire?
«Non bisogna piangersi addosso. Non bisogna fermarsi. Altrimenti non si risale più in sella. E bisogna avere la fortuna di avere attorno persone che sanno darti una mano. Io le ho avute e le ringrazio».
Dopo il Giro come proseguirà il tuo 2018?
«Domenica, nel giorno del mio compleanno, correrò il Gran premio di Lugano. Dal 20 al 24 giugno l’Adriatica Ionica Race (il 22 arrivo al passo Giau ndr), il 30 giugno il campionato italiano a Darfo Boario Terme. A luglio staccherò, andando in altura, per preparare il finale di stagione».
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