Calcio. Simone Brustolon, un addio senza rimpianti. «Ho dato e ottenuto il massimo»

Lascia un pezzo di storia del calcio bellunese, ex Belluno, Feltrese, Tamai, Sedico, Careni, Cavarzano e Alpago

Gianluca Da Poian
Il difensore Simone Brustolon
Il difensore Simone Brustolon

Simone Brustolon ha preferito salutare adesso. Si sentiva infatti ancora in forma e proprio per tale motivo ha ritenuto fosse il momento giusto nel quale appendere gli scarpini al chiodo e dedicarsi ad altro. Il negozio di famiglia di generi alimentari a Dont in Val di Zoldo da mandare avanti e dedicare più tempo agli affetti. Sempre con il calcio lì sullo sfondo comunque, pronto a tornare in altra forma più avanti. Quando può, aiuta la Valzoldana con i piccoli, un giorno chissà.

Domenica a San Donà compagni e avversari lo hanno celebrato, in una domenica dove lo stesso campionato lo vincevano gli amici Sommacal e Mosca - assieme ai bellunesi Floris, Sina e Cima - con la maglia del Conegliano.

Simone, allora decisione definitiva…

«Sì, pur non essendo maturata chissà quanto tempo fa. Quando in estate ero tornato al Cavarzano dall’Alpago, mi ero ripromesso di concentrarmi solo su questa stagione. Ho cominciato a pensarci di recente, esponendo il mio punto di vista all’allenatore il quale mi ha dato il tempo necessario durante il quale riflettere. Non dirò mai di non sentire più la voglia di andare al campo o quant’altro, semplicemente perché non è vero: avessi guardato la sola passione, sarei andato avanti ancora diversi anni e tra l’altro tra uno o due anni penso di rientrare nel mondo. Tuttavia le fatiche si cominciano a sentire, assieme ad alcuni acciacchi. Poi gli impegni lavorativi aumentati, la distanza dalla Val di Zoldo dove abito e l’esigenza di dedicare maggiore tempo agli affetti hanno preso il sopravvento. Di certo ringrazio la mia compagna Sara e i miei genitori Efrem e Serena, che tanta pazienza hanno avuto per assecondare il desiderio di giocare. Tenevo molto inoltre a chiudere a un buon livello competitivo, di conseguenza ho preferito non scendere di categoria».

Belluno, Feltrese, Tamai, San Giorgio Sedico, Careni Pievigina, Cavarzano, Alpago. Hai indossato maglie storiche del calcio bellunese e sei andato anche fuori provincia.

«Sono soddisfatto e contento di quanto ho vissuto. Tante belle esperienze, pochissime parentesi negative, ricordi scolpiti nel tempo. Mi rende felice inoltre aver chiuso il Cavarzano che è una delle due realtà assieme al Tamai, e senza nulla togliere alle altre ovviamente, dove forse mi sono legato maggiormente. Assieme al Belluno, chiaro».

Casa tua, quella gialloblù. Hai indossato anche la fascia da capitano.

«Ho fatto la trafila dai Giovanissimi alla Beretti, debuttando da giovane in C2. È stata la parte più significativa della mia carriera, condivisa con qualche amico che adesso ha appena vinto il campionato a Conegliano come Mosca e Sommacal. Bravi loro».

Solita domanda: gli allenatori che porti nel cuore?

«Fare nomi è sempre complicato. Al di là del campo, c’è sempre stato un legame forte con mister Raschi. Negli ultimi anni ho poi incontrato Parteli e Lauria: preparatissimi».

Hai vissuto il calcio dilettantistico da… professionista.

«In effetti sì. La D quasi lo è, richiede un impegno quotidiano e costante. L’Eccellenza comunque non è da meno perché, pur magari allenandoti la sera, è richiesto un determinato impegno fisico e mentale. Lascio il calcio giocato felice, convinto di aver dato e ottenuto il massimo».

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