Camilla, dalle piste di Falcade a Eurosport «Il sogno? Raccontare Cortina 2026»

. La neve nel cuore. Da Falcade a Falcade, bellunese di sangue e bergamasca di adozione: Camilla Ronchi è una sportiva a trecentosessanta gradi.
Da una parte all’altra della barricata, prima nelle vesti di atleta ed ora in quelle di giornalista. Non importa il ruolo, ma la sostanza. Esserci è ciò che conta, con un grande sogno nel cassetto che potrebbe presto esaudirsi: «Raccontare le Olimpiadi di Cortina». Perché farlo in casa, dopo aver girato mezzo mondo, «è tutta un’altra cosa».
Camilla, da dove iniziamo?
«Dal fatto che sono una montanara incallita. Sono nata a Falcade e ne vado fiera. Mio papà Giorgio mi ha portato in montagna sin da piccola. Ancora oggi, lui che ha 82 anni, va ad arrampicare. La passione per la montagna me l’ha tramandata lui. Oggi vivo a Bergamo, ma ogni weekend tra autunno ed inverno torno a Falcade dalla mia famiglia, con mio figlio Brando, che ha sei anni ma è già un ottimo sciatore. Se nasci in montagna non puoi non dedicarti alla pratica degli sport invernali. Andavo al liceo a Belluno in corriera, ma appena rientravo a Falcade, alle 14.30, andavo subito a sciare».

È così che sei diventata un’atleta professionista e le soddisfazioni non sono mancate.
«Mi sono dedicata allo snowboard, raccogliendo anche discreti successi. Sono felice della mia carriera sportiva, ho partecipato a diverse gare internazionali, anche di Coppa Europa. C’è anche una felice parentesi da giocatrice di hockey su ghiaccio nella mia vita. Avevo 18 anni ed ho vestito anche la maglia della nazionale. Dal 2010, poi, le cose sono cambiate ma solo di prospettiva: mi sono iscritta all’albo dei giornalisti. Fare la giornalista è sempre stato il mio grande sogno nonostante mi fossi laureata in giurisprudenza a Ferrara. La prima partecipazione a Donnaventura ha cambiato la mia vita».
Donnaventura (fortunato format televisivo ancora oggi in onda su Rete 4), una parentesi della tua vita che merita di essere raccontata.
«Esperienza fantastica. Nel 2003 ho fatto la prima spedizione in Sudamerica, nel 2006 la seconda in Australia. Le circostanze che mi hanno portato ad intraprendere quella che è a tutti gli effetti una grande avventura tutta al femminile sono state, come spesso accade in questi casi, abbastanza casuali. Coincidenze direi. Ma è da lì che è iniziata la mia seconda vita da giornalista televisiva. Non nego che le mie capacità da rimandare all’essere nata in montagna hanno favorito la mia candidatura in un contesto altamente competitivo. Alle selezioni per Donnaventura partecipano qualcosa come settantamila ragazze».

Da Donnaventura a raccontare le Olimpiadi invernali di Pyeongchang, il passo è stato breve.
«Nel mezzo ci sono quindici anni intensi, vissuti a ritmi frenetici ma, a me, la vita piace così. Sono stata in Rai a condurre una trasmissione per bambini collegata alle Olimpiadi invernali di Torino 2006, dopo aver conosciuto Lino Zani e Paolo De Chiesa. Ho raccontato Torino 2006, Vancouver 2010 per Sky Sport e poi Pyeongchang nel 2018 per Eurosport Discovery. Adesso mi piacerebbe raccontare quelle di Milano Cortina 2026».
A proposito di Cortina 2026, cosa ti senti di dire?
«Evento eccezionale che mi ha reso ancor più orgogliosa di essere nata dove sono nata. Per Cortina le Olimpiadi rappresentano un treno da prendere al volo, forse l’ultimo, e non mi riferisco solo all’ambito sportivo. Sarà l’occasione per riassaporare gli splendori di un tempo. Cortina lo merita. Per quanto mi riguarda sogno di poter raccontare quelle Olimpiadi: dopo aver girato mezzo mondo sarebbe per me un onore giocare in casa».
Magari con il tuo grande amico Kristian Ghedina.
«Il Ghedo è un grande. Personaggio positivo, unico. È impossibile non volergli bene. Ci siamo visti nei giorni scorsi a Copenaghen, è stato il mattatore dell’evento. La sua presenza ha mandato in visibilio gli appassionati di sci danesi».
Raccontaci cosa siete stati a fare a Copenaghen.
«Copenaghen oggi ospita la prima ed unica pista da sci in Europa costruita sul tetto di un termovalorizzatore di ultimissima generazione, ad inquinamento zero. Un progetto avveniristico, firmato dai migliori professionisti del mondo, costruito al centro della città con le case a poche centinaia di metri a dimostrazione dell’impatto zero che ha sull’ambiente. Quel termovalorizzatore è stato presto trasformato, anche simbolicamente, in un’attrazione turistica. Sul tetto infatti è stata costruita una pista da sci che sarà aperta 365 giorni l’anno. Si chiama Amager Bakke in danese, ma è stato ribattezzato Copenhill, di fatto montagna di Copenaghen. Una montagna alta 90 metri che ospita la pista da sci più lunga di tutta la Danimarca. Alla sua inaugurazione, venerdì scorso, ha partecipato anche la Fondazione Cortina 2021 con il Ghedo in qualità di Ambassador. Quella pista è stata realizzata da un’azienda italiana con cui lavoro come responsabile delle relazioni esterne. Si chiama Neveplast ed ha sede a Bergamo. Il fondatore ed amministratore delegato era mio marito Edoardo Bertocchi che oggi non c’è più».
E così le parole lasciano posto alle emozioni. Parole che ritrovano spazio e vigore guardando inevitabilmente avanti perché, diversamente, non è possibile fare.
«Se ho un sogno nel cassetto? Continuare a raccontare lo sport, anche quello dei motori che rappresentano l’altra mia grande passione. Un sogno diventa realtà se credi veramente in ciò che fai». —
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