Canottieri, con Bortolini è una storia d’amore infinita
«Mi diverto ancora e credo ancora di riuscire ancora ad incidere sui ragazzi»
BELLUNO
Nello sport bellunese è record di longevità in panchina. Ma pure a livello nazionale il numero fa impressione. Alessio Bortolini resta saldissimo alla guida della Canottieri Belluno, che condurrà per la tredicesima stagione consecutiva. Certo, parliamo del club da lui stesso fondato assieme al fratello Alvise, a Giacomo Fiabane e Federico Palazzin nel 1998 e dunque in un certo senso è più complicato di altre situazioni rompere il legame.
Ma senza dubbio è una storia in grado di fare notizia, trattandosi tra l’altro di un campionato nazionale.
Bortolini aveva preso in mano la guida tecnica della squadra nel 2010-2011, ai tempi dell’A2 vissuta ai piani nobilissimi della classifica. È rimasto anche quando, nel 2013-2014, si è chiuso un capitolo con la retrocessione in serie B.
Da allora i biancoblù continuano a disputare il torneo cadetto, senza mai rischiare. Certo, adesso servirebbe un po’ di consacrazione con l’approdo almeno nei playoff.
La strada nelle ultime stagioni sembra tracciata e qualche voce di mercato farebbe pensare ad un sodalizio pronto ad alzare il tiro degli obiettivi. Non è un mistero ad esempio il susseguirsi di contatti con Leonardo Storti, ex capitano del Sedico. Di sicuro chiunque arriverà troverà Bortolini in panchina.
«È un buon momento, per stare in questa squadra e in questa società», spiega lo stesso allenatore. «Mi diverto ancora nel ruolo e ritengo mi faccia anche bene. Penso di farlo come si deve, di poter migliorare ed avere voglia di farlo. Credo di riuscire ad incidere ancora sui ragazzi, sul gruppo storico, sui nuovi: intravedo, in loro e in me, degli aggiustamenti possibili».
Giocatore prima, allenatore poi. Il futsal è solo Canottieri per Bortolini. Non è detto sia un male, ci mancherebbe.
«La mia carriera da tecnico ha sopravanzato quella in panchina», evidenzia Bortolini, parlando poi dei momenti che mai verranno cancellati dalla memoria. «Ricordo tante persone, tante cose, tanti attimi. Se devo dirne tre, e fuori ordine di medaglia, cito questi. Da giocatore, quella Coppa Italia di B alzata al cielo la sera dell’11 marzo 2006 alla Spes Arena. Da allenatore, sempre una Coppa Italia, di A2, primavera 2011: dopo aver vinto il quarto di finale, col Regalbuto, ho camminato solitario per le vie di Genzano. E a ogni passo salivano emozioni, diverse, un misto di gioia e di malinconia. Quanto alla terza… No, non la posso rivelare. Probabilmente sta sul gradino più alto».
Chissà, magari nella stagione 2022-2023 potrebbe pure aggiungersene un'altra...
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