Claudio Fullin, bellunese fra i 60 mila di Wembley «Con Donnarumma non potevamo perdere»
Non ci aveva pensato due volte sabato mattina, l’indomani della vittoria dell’Italia su Belgio. Semifinale contro la Spagna in programma a Wembley, nella “sua” Londra.
«Ci devo essere», si è detto Claudio Fullin. E così c’era anche questo ragazzo di Tambre nel tempio del calcio. Uno dei 60 mila fortunati che hanno potuto assistere dal vivo alla emozionante vittoria ai rigori dei nostri azzurri, capitalizzata da quel rigore di Jorginho guardato con il fiato sospeso in tutto lo Stivale… e non solo!
«Vivo a Londra per lavoro, dopo essermi fermato qui a seguito della laurea specialistica nell’ambito della finanza. E non volevo proprio mancare all’appuntamento».
Possiamo solo immaginare le emozioni vissute live.
«È stato tutto splendido. Poi ieri mattina al lavoro la stanchezza non mancava, ma ne valeva la pena. D’altronde già dopo aver battuto il Belgio mi ero detto che bisognava andare a supportare la nazionale. Ipotizzavo inoltre che le limitazioni nei viaggi causa Covid rendessero disponibili più biglietti del solito. Così sabato ho acquistato il tagliando per me e la mia fidanzata – americana – tramite l’app ufficiale dell’Uefa. Ero in alto come postazione, ma è uno stadio dal quale si vede bene ovunque tu ti trovi».
Quali erano i protocolli Covid? Faceva abbastanza scalpore vedere lo stadio pieno e le persone prive di mascherina, nonostante i contagi in costante crescita nel Regno Unito.
«Era richiesto necessariamente un tampone rapido con esito negativo, oppure l’attestato di avvenuta vaccinazione. All’interno noi spettatori potevamo toglierci le mascherine nel momento in cui eravamo seduti al nostro posto, con l’obbligo di indossarle per ogni spostamento».
Descrivici l’atmosfera all’interno dello stadio.
«L’inno di Mameli ti fa provare sensazioni stupende. Poi noi italiani eravamo davvero in gran numero. Sarà perché i connazionali qui sono tanti e sarà perché la nostalgia di casa si fa sempre sentire».
Quanto hai sofferto durante i rigori?
«Non ho mai chiuso gli occhi. Ero inoltre convinto che noi potessimo contare sul miglior portiere, Gigio Donnarumma. E poi Chiellini è stato bravissimo».
Come mai?
«Penso si sia visto anche in televisione, ma durante il sorteggio assieme al capitano spagnolo Jorge Alba ha insistito per farli battere sotto la curva azzurra. Inutile negare come calciare i penalty davanti ai tuoi tifosi, o al contrario davanti ai supporter della squadra avversaria, faccia la differenza. A livello emotivo partivamo già in vantaggio, nonostante l’iniziale errore di Locatelli».
E adesso rimane da giocare l’ultima partita.
«Proverò ad acquistare ancora i biglietti. Spero di riuscire ad andare allo stadio, il costo del tagliando non mi interessa: è una finale! Altrimenti troveremo di sicuro un maxi schermo dove tifare Italia».
Di cosa ti occupi a Londra?
«Lavoro per una banca d’affari olandese. Ormai ho la doppia cittadinanza ma il legame con la terra d’origine è saldissimo. Appena posso torno volentieri».
Al di là dell’Italia, raccontaci della tua passione per il calcio in generale.
«Ho giocato con le giovanili di Alpago e Cavarzano, smettendo poi una volta arrivato alla categoria Allievi. Per quanto riguarda il tifo, Inter ed Arsenal. Quest’ultima è una fede quasi obbligata, perché è la squadra dei miei amici inglesi, quindi se voglio andare allo stadio con loro…».
Entrambe le squadre erano inizialmente tra le fondatrici del progetto Superlega. Proprio in Inghilterra partì da subito una forte opposizione dei tifosi e i sei club si sfilarono in appena due giorni.
«Qui non trovavi nessuno favorevole alla proposta. Il pubblico si è reso conto che si trattava solo di business, non di sport. E per il popolo inglese ciò era inaccettabile. D’altronde qui è la patria dell’FA Cup…».
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