Curling, il sogno coreano di Mariani leader azzurro
Da hockeysta a protagonista di Torino 2006 ora è il direttore tecnico della Nazionale
CORTINA. Una vita trascorsa sul ghiaccio. Ne ha parecchie di cosa da raccontare il cortinese Marco Mariani, attuale direttore tecnico della nazionale italiana di curling, e ormai pronto a entrare nella storia di questo sport.
D’altronde, dopo quella ottenuta di diritto ai Giochi di Torino 2006 dalla squadra maschile e femminile, la qualificazione alle imminenti Olimpiadi sudcoreane centrata della nostra selezione maschile è la prima assoluta arrivata grazie ai risultati conseguiti sul ghiaccio.
Parleremo di questo avvenimento storico con lui, certo, senza però tralasciare il suo passato da hockeista, delle sue esperienze da giocatore e quant’altro.
Siete pronti a conoscere uno dei bellunesi in partenza per PyeongChang? Andiamo. Mariani, se ora parliamo di curling con lei, a cosa lo dobbiamo?
«Ad una passione sempre presente nella mia famiglia, anche se come giustamente ricordato io arrivo dall’hockey. Mio papà nel 1976 aveva preso parte al mondiale di curling in Canada, assieme a Lino Maier Mariani, Renato Ghezze, Andrea Pavani e Paolo Da Ros, sotto la guida del tecnico Renato Pesavento. Quindi diciamo che è stato tutto molto naturale».
Quindi ha iniziato tardi a giocare.
«Fino a trent’anni militavo a buoni livelli nell’hockey, sport in cui mi sono tolto parecchie soddisfazioni: serie A e B a Cortina e Cavalese, due partecipazioni ai mondiali under 20 in Francia e in quelli disputati a Belluno e Feltre. Nelle giovanili non sono mai mancate delle conquiste importanti, nel frattempo, però, però cominciavo a disputare le mie prime partite di curling. Parliamo di una disciplina allora abbastanza semplice rispetto all’evoluzione raggiunta ora; ricordo che si giocava sullo stesso ghiaccio dell’hockey, perché non c’erano posti specifici in cui poter disputare le partite. La mia squadra era il Curling Club 66, e assieme a Massimo Antonelli, Antonio Colli, Vittorio Boschet e Antonio Menardi si prendeva parte pure a qualche campionato italiano, dove le medaglie non mancavano mai».
E così lei è diventato uno dei giocatori più forti del curling azzurro. 83 presenze in azzurro, comprensive delle Olimpiadi del 2006 a Torino e dei mondiali a Victoria, in Canada proprio come suo padre, l’anno prima.
«Proprio così. Tra l’altro al mondiale canadese ho conquistato il Colin Campbell Award, unico italiano fino ad ora ad esserci riuscito: si trattava di un premio assegnato dagli altri giocatori a chi si era maggiormente distinto per correttezza, abilità e altre caratteristiche. Ad ogni modo, l’esperienza più bella resta quella dei Giochi a Torino. Al di là del settimo posto finale di una selezione composta da quasi tutti bellunesi come il sottoscritto, Fabio Alverà, Gianpaolo Zandegiacomo e Antonio Menardi, resta incredibile l’attenzione mediatica che si era venuta a creare attorno al curling».
Ne parlavo l’altro giorno con Diana Gaspari, presente a Torino con la nazionale femminile, e lei non ha avuto dubbi nel dire che voi giocatori di curling vi sentivate degli eroi.
«Verissimo. Per fare un esempio, ricordo che in quel periodo le nazionali e gli atleti più in vista erano scortati in quando non mancava un po’ di tensione, dopo la pubblicazione di alcune vignette satiriche in Danimarca. Le aspettative sulla nazionale azzurra maschile non erano però chissà quanto elevate, mentre le ragazze avevano molti più occhi puntati addosso. Bè, il nostro esordio quasi in sordina lo facciamo con la Svezia e, nonostante la sconfitta, giochiamo la miglior partita di quelle Olimpiadi. La volta dopo dovevamo affrontare la Germania e nel tragitto dal villaggio olimpico allo stadio avevamo ben tre civette della polizia davanti e dietro il pullman... Nel giro di pochi giorni ci siamo ritrovati in tantissime trasmissioni e una sera, con un mio compagno di squadra, avevamo deciso di uscire a piedi per raggiungere uno degli studi dove avremmo dovuto presenziare. Solo che, senza saperlo, ormai tutti ci riconoscevano e ad un certo punto siamo dovuti salire di corsa su un taxi per sfuggire al calore e all’affetto dei tifosi. Emozioni e sensazioni tutt’ora indescrivibili, come quelle che si provano durante la cerimonia d’apertura: hai letteralmente la tremarella, durante tutta la sfilata in cui segui la bandiera del tuo Paese».
E questo sogno lo può rivivere, seppur in ruolo diverso, ai Giochi di PyeongChang in programma a febbraio.
« Stiamo investendo molto sulla crescita del curling e un traguardo del genere non può che far bene al il movimento in generale. Vogliamo continuare a migliorare e potenziare il futuro di questo sport: per dire, una nostra squadra di giovani ha appena preso parte ad un torneo in Cina con le migliori nazionali del mondo. I risultati possono anche essere negativi, ma questo non importa perché più esperienza sul ghiaccio riusciamo a fare e maggiore è la possibilità di diventare competitivi ad alti livelli».
Dopo il bronzo europeo e prima della partenza per il Challenge di Plzen, l’avevo intervistata e una sua frase mi era rimasta impressa: “Mi spaventa di più il presente che non il futuro del curling azzurro”. Nello sport si sente invece spesso il contrario.
«Rispondo soffermandomi solamente sul bacino di Cortina, in cui nella fascia d’età che va dagli 8 ai 19 anni possiamo contare su più di 70 ragazzi e ragazze iscritte. Tra pochi mesi proprio una squadra ampezzana, composta da Stefania Constantini, Valeria Girardi, Giulia Zardini Lacedelli, Elisa De Zordo e Lorenza Piccin, seguite dall’allenatore federale Alessandro Zisa, rappresenterà l’Italia al mondiale Junior gruppo B con delle buone possibilità di ottenere la promozione nel gruppo A. Visto che stiamo parlando di Cortina, mi permetto di sottolineare il gran lavoro degli allenatori Fabio Alverà, Marco Alberti, Michele Gusella e Chiara Olivieri».
Con le Olimpiadi e la visibilità mediatica offerta dalle varie televisioni, i numeri possono ulteriormente aumentare.
«Pensa un po’ che Olympic Channel, il canale internazionale dei Giochi, quasi certamente seguirà la nostra nazionale 24 ore su 24, con telecamere appositamente dedicate. Ma d’altronde l’esultanza dei ragazzi quando hanno centrato la qualificazione ha bucato lo schermo (se volete rivederla, andate sul canale youtube “World Curling Tv” e cercate Denmark v Italy, così potrete vedere pure il pazzesco e decisivo tiro del nostro Mosaner, ndr). Ho solo un rammarico: quello che alle Olimpiadi non ci siano andate pure le ragazze, perché se lo sarebbero meritato assolutamente».
Tra poco arriviamo a parlare di loro. Intanto le chiedo se vi porrete degli obiettivi sportivi precisi ai Giochi.
«Affronteremo una partita per volta, senza assilli. Possiamo però toglierci delle soddisfazioni, questo sì. Le favorite? Credo Canada e i padroni di casa della Corea del Sud».
Capitolo ragazze. Siamo tutti in attesa, perché la qualificazione sfuggita all’ultimo contro la Danimarca potrebbe arrivare a tavolino. Tutto dipende dalla questione Russia.
«Non abbiamo notizie, ancora. Noi pian piano iniziamo a preparare il mondiale di marzo, poi se cambia qualcosa di certo non ci tireremo assolutamente indietro. In ogni caso, voglio sottolineare una cosa; si tende un po’ a far passare l’Italia come l’ultima arrivata nel mondo curling. Non è assolutamente così, perché di talenti ne abbiamo avuti e ne abbiamo ancora. Ci mancano i giocatori professionisti, almeno per ora, però stiamo progredendo tantissimo».
Rimandando ogni discorso su Gaspari e compagne a quando capiremo se andranno o no alle Olimpiadi, voglio chiederle come ultima domanda: di cosa si occupa un direttore tecnico?
«Io seleziono i giocatori, oltre a lavorare tecnicamente con le squadre. Per quest’ultimo aspetto però sono coadiuvato dagli allenatori Soren Gran e Violetta Caldart. Devo fare scelte dure, ardue, e sono stato anche criticato in passato, però alla fine non dare troppe spiegazioni: per me, come sempre nello sport, parleranno i risultati. Solo allora si vedrà se ho lavorato nella giusta direzione corretta oppure ho sbagliato qualcosa».
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