Dagli applausi sotto rete a quelli per la tesi. Fiabane: «Onorata del premio al Politecnico»

L’ex centrale della Pallavolo Belluno ora è ingegnere energetico. «Ho dovuto smettere di giocare, sono spesso in Germania per lavoro»

Nicola Pasuch
Claudia Fiabane premiata a Milano
Claudia Fiabane premiata a Milano

L’INTERVISTA

Nicola Pasuch / BELLUNO

C’è la firma di una bellunese sul frontespizio di una delle quattro migliori tesi di laurea d’Italia dedicate allo studio degli impianti di riscaldamento e ventilazione.

E il suo nome non è certo sconosciuto agli sportivi bellunesi. In particolare, agli appassionati di pallavolo. La stella di Claudia Fiabane – che in questi anni ha giocato da centrale in B1 e B2 prima a Bolzano, poi a Belluno – ora brilla anche in campo scientifico: perché la sua tesi di laurea magistrale in ingegneria energetica non è passata inosservata agli occhi dell’Aicarr (l’associazione italiana condizionamento dell’aria, riscaldamento, refrigerazione).

«Mi ero candidata in estate su consiglio del mio professore», racconta Claudia Fiabane, che pochi mesi fa ha conseguito la laurea agli atenei di Trento e Bolzano, «e mi ero detta che provare non costa niente. Assieme alla tesi ho inviato il mio curriculum e una breve presentazione di me. A fine ottobre ho ricevuto l’esito e sono stata premiata al politecnico di Milano. Sono molto onorata e ringrazio il presidente dell’associazione e la commissione per avermi consegnato questo prestigioso premio».

All’interno della sua tesi, Fiabane ha studiato un dispositivo brevettato da un’azienda bresciana, Enolgas, leader nella termoidraulica.

«Enolgas ha brevettato questo componente per riscaldare e refrigerare gli ambienti all’interno degli edifici. A gennaio 2021 ho vinto un bando grazie al quale ho avuto la possibilità di studiare questo brevetto dal punto di vista termico. È stato interessante cercare di capirne le tipologie di scambio di calore e in particolare il moto dell’aria».

Ora lavori per un’azienda di Brunico che si occupa di impianti di automazione.

«Mi trovo bene e lavoro in un ambiente nuovo e costantemente stimolante. Tra l’altro affronto aspetti che vanno anche oltre le tematiche che ho studiato. Questo per me è molto stimolante. C’è sempre tanto da imparare».

E la pallavolo?

«Se riuscirò, spero di poter riprendere ad allenarmi in futuro, perché questo è lo sport che amo. Ma per ora sarebbe un po’ troppo complicato giocare, anche perché spesso mi trovo ad andare in trasferta in Germania».

Prima, da studentessa, la bellunese classe 1997 ha sempre coniugato università e sport. Entrambi ad alto livello.

«Le difficoltà ci sono state, perché ho sempre vissuto la pallavolo come un impegno, oltre che un hobby. Qualcosa da prendere con la massima serietà. L’università, chiaramente, lo stesso. La pallavolo mi ha insegnato tantissimo. Penso sia stato questo sport, assieme ai miei genitori, a farmi capire che se lavori sodo, qualcosa raccogli sempre».

Al Neruda Bolzano eri diventata un vero e proprio punto di riferimento.

«E mi ero trovata benissimo. Ho giocato lì per quattro anni, tra B1 e B2, instaurando un ottimo rapporto anche con dirigenti e allenatori».

L’anno scorso, alla Pallavolo Belluno, hai sfiorato la promozione giocando le partite finali con un dito fasciato…

«Per la prima volta ho lottato per i playoff e per un salto di categoria. Già quello è stato un bel traguardo raggiunto. Alla fine ci è rimasto un po’d’amaro in bocca. Ma è stata davvero una grandissima stagione. A tutte le ragazze che sono rimaste faccio i migliori auguri: si impegnano tanto e meritano il meglio».

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